Magari il Napoli facesse la fine di Arsenal e Borussia Dortmund
Tifosi aziendalisti o tifosi e basta? L’eterno dilemma. Il Napoli di De Laurentiis ha da sempre, come è noto, i conti a posto. Pure troppo, secondo alcuni: utili accumulati nei vari esercizi per circa 50 milioni di euro, su un fatturato che quest’anno sfiora i 200 milioni. Troppo poco invece per altri, che negano l’esitenza […]

Tifosi aziendalisti o tifosi e basta? L’eterno dilemma. Il Napoli di De Laurentiis ha da sempre, come è noto, i conti a posto. Pure troppo, secondo alcuni: utili accumulati nei vari esercizi per circa 50 milioni di euro, su un fatturato che quest’anno sfiora i 200 milioni. Troppo poco invece per altri, che negano l’esitenza del tesoretto, evidenziando il bluff di una gestione troppo patriarcale, poco innovativa e che fa cassa e mercato solo attraverso cessioni illustri e non puntando a nuovi introiti (stadio, ad esempio). In ogni caso, finanziariamente il Napoli è in vantaggio sulle altre. La Roma, nonostante le “magìe” di Sabatini, ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2014 con 40,1 milioni di disavanzo: la rosa costa 135,5 milioni, il fatturato operativo è inferiore ai 100. La Juventus, che partiva da un rosso di 92 milioni nel 2011, si sta risollevando grazie a stadio e partecipazioni (seppur non brillantissime…) alla Champions League ma recita ancora -28,6 milioni nel primo trimestre dell’esercizio 2014-2015.
La classifica però, ad eccezione di alcuni scontri diretti (meglio se al San Paolo), vede nell’ultimo anno e mezzo Juve e Roma davanti al Napoli. Si potrebbe contro-obiettare che negli ultimi 5 anni è il Napoli la squadra più continua ad alti livelli, visto che Juve e Roma hanno collezionato settimi posti prima di risorgere. Ma il problema è: come lo si spiega al cosiddetto tifoso medio, quello che vuole vincere a tutti i costi, che rimpiange i debiti di Ferlaino per costruire il Napoli di Maradona e non ricorda il faticoso cammino per riportare il Ciuccio, se non a quei livelli, comunque al top? E, soprattutto, come si fa a colmare questo gap, nell’era del (finto) fair play finanziario? Gli anti-De Laurentiis direbbero: “Ma quello vuole solo fare i soldi”, come se fosse un male. Anche se va ricordato che poi in Italia e ovunque in Europa vincono i club più indebitati.
Qualche modello, e pure vincente, in realtà c’è anche stato. Il Lione, in Francia, ha vinto negli anni 2000 sette titoli nazionali consecutivi, roba che il Psg degli arabi deve ancora pedalare per arrivarci; e nelle partecipazioni alla Champions di quegli anni ha più volte raggiunto i quarti di finale, traguardo che ad oggi per il Napoli sarebbe già un salto di qualità. Poi però, diranno gli scettici, sono arrivati quelli “con i soldi” e del Lione non c’è più nessuna traccia. Anzi, il club di Aulas, un altro presidentissimo accentratore e dalla gestione oculata alla De Laurentiis, è ormai dietro nelle gerarchie anche rispetto a Lille, Marsiglia, Bordeaux, per citarne tre delle più continue degli ultimi anni.
Prima però c’era stato l’Arsenal di Arsene Wenger, destinato oggi all’ennesima delusione in Premier e da anni comparsa di lusso in Champions. Qualche titolo l’allenatore francese l’ha pure vinto, a dire il vero, e vanta anche una finale di Champions nel 2006, ma nell’immaginario collettivo resta l’eterno secondo, a capo di un club capace di spese folli che però resta inghiottito di fronte al potere economico di Chelsea e dei due Manchester.
Riusciremo almeno a convincere gli ultrà del debito (che forse non hanno capito che è lo stesso meccanismo per cui la loro busta paga è più povera di 20 anni fa, o per cui non hanno proprio la busta paga) con il modello Borussia Dortmund? Club virtuoso, eccellente settore giovanile, allenatore bravo e pure simpatico. E pure diversi titoli: due Bundesliga consecutive contro la corazzata Bayern, coppe e supercoppe (l’ultima con 4 gol rifilati a Pep Guardiola) e un’indimenticabile avventura in Champions due anni fa, persa solo in finale. “Eh ma quest’anno sta andando in B”, sarebbe la replica del tifoso che punta solo al top: poco importa se è già matematicamente primo nel girone di Champions, al tifoso del “tutto e subito” importa che il Bayern potente e indebitato gli ha soffiato prima Goetze e poi Lewandowsky ed è ora – probabilmente – la squadra più forte d’Europa. Mentre il Borussia è la Cenerentola, l’incompiuta, quella che può vincere solo se tutto gira bene.
Non potendo (o non volendo) sommergersi di debiti per diventare un top club, l’unica speranza resta dunque l’allenatore. E per il Napoli Benitez (che al sottoscritto non fa impazzire) è perfetto: tranquillizza i tifosi perché gode del credito dei numerosi trofei vinti in carriera, e convince uno come Higuain a venire a Napoli per meno di 6 milioni l’anno quando magari qualche emiro sparso in Europa avrebbe potuto scialacquare qualcosa in più per uno come lui. È il fair play finanziario fatto sulla fiducia: non posso darti più di tanto, ma sulla base del mio prestigio ti convinco che qui c’è un progetto interessante. Che vinceremo comunque qualcosa, che sarai un idolo della folla e che senza soldi in ogni caso non rimani. L’ha capito anche Thohir: l’Inter (come la Roma) è nel mirino dell’Uefa e ora dovrà pagare due allenatori (e pure esosi), ma Mancini potrebbe portarsi in dote uno come Kolarov. Che ad occhio e croce, visto il livello della Serie A, sarebbe tranquillamente il miglior esterno sinistro del campionato (se ne facciano una ragione i vari Cole, Asamoah, Ghoulam). Preso a costo quasi zero e convinto a venire lì e non altrove, perché conosce Mancini e perché si fida di lui. E quindi sì, fidiamoci di Benitez. E pazienza se faremo la “fine” di Arsenal e Borussia Dortmund. Una “fine” che significa vincere: non sempre, non a tutti costi, ma ogni volta in corsa per farlo.
Giuseppe Baselice