Ecco l’Italia di Conte, basteranno la frusta, i capiclan e Giaccherini?

Antonio Conte al comando per rilanciare la nazionale sfarinatasi in Brasile (Prandelli) e quattro anni prima anche in Sudafrica (Lippi), sprofondata al quattordicesimo posto del ranking Fifa. Assunto con contratto biennale dalla Figc e col concorso economico della Puma al costo di 4,1 milioni l’anno (undicimila euro al giorno), è ora l’allenatore più pagato d’Italia […]

Antonio Conte al comando per rilanciare la nazionale sfarinatasi in Brasile (Prandelli) e quattro anni prima anche in Sudafrica (Lippi), sprofondata al quattordicesimo posto del ranking Fifa. Assunto con contratto biennale dalla Figc e col concorso economico della Puma al costo di 4,1 milioni l’anno (undicimila euro al giorno), è ora l’allenatore più pagato d’Italia e il terzo al mondo. Lui stesso direbbe: agghiacciante.

La nazionale del tecnico battezzato da Creso sarà una squadra di uomini veri, fuori i rompiballe, i gigolò, le gatte morte, i farfalloni, i tatuati, i bastian contrari e le anime belle. Sarà una nazionale orgogliosa, umile e cattiva. Parole del Signore di Lecce. Sarà a forma di puma con i colori della zebra. E mangerà sei volte al giorno, una più degli inglesi, niente pasta e più carne, il contrario dei tedeschi del Borussia Dortmund.

Il suo primo obiettivo è centrare l’Europeo del 2016 che si giocherà in Francia alla fine dei due anni di ingaggio. Lo stipendio non basta e sono previsti bonus aggiuntivi per il commissario tecnico, cioè premi a vincere (lo stipendio è a perdere?).

L’uomo si è presentato così: “Valuto a 360 gradi in campo e fuori e tra un grande giocatore e un uomo vero scelgo il secondo”. Panico tra le vallette e le escort. Ha aggiunto: “Non avrò pietà per nessuno”. Tomàs de Torquemada non avrebbe saputo parlare meglio. La nazionale di Conte nasce in un clima da santa inquisizione. Vietati i twitter, vietato ridere. Perché “la sconfitta è la morte”.

La nazionale di Conte con i soliti noti, i vecchi capiclan, qualche prudente novità (Padelli, Zaza), qualche resurrezione (El Shaarawy), un vecchio pallino (Giaccherini, 29 anni), una nidiata di ventenni, molta Juve (è la squadra di vertice con più italiani) e il posto tenuto caldo per Pirlo, Balotelli fuori perché twitta però non ride, dovrà rompere le reni a Croazia, Norvegia, Bulgaria, Azerbaigian e Malta nel girone H delle qualificazioni europee. Passano le prime due di ogni gruppo più le migliori terze. Conte non può fallire.

Non avendo rinnovato, come sarebbe stato auspicabile in vista della costruzione della nazionale per i prossimi Mondiali che si giocheranno nel 2018 in Russia, il ct nominato da Tavecchio che l’ha definito “condottiero” dovrà condurci almeno a Parigi con l’usato sicuro.

La prima partita seria è per il 9 settembre a Oslo contro la Norvegia (che ha perso appena 1-0 a Wembley contro l’Inghilterra), debutto azzurro nelle qualificazioni europee, preceduta da questa amichevole a Bari con l’Olanda, terza al Mondiale brasiliano e priva di alcuni grossi calibri (Robben, Huntelaar, Van der Vaart), guidata dal santone del Paesi Bassi Guus Hiddink (67 anni contro i 45 dello spietato tecnico italiano).

Nel 3-5-2 juventino l’Italia di Conte ha pochi e vecchi punti fissi: Buffon, Bonucci, Chiellini, Marchisio, Pirlo quando ci sarà (è pronto Verratti), De Rossi. Propone  già dubbi epocali: Candreva-Darmian, Pasqual-De Sciglio, Immobile-Destro, Zaza-Giovinco, Parolo-Poli, Florenzi-Giaccherini. C’è da svenire. Saltato Osvaldo (infortunio), convocato Quagliarella. Secondo svenimento.

Sulla lavagna di Coverciano, munito di pennarelli rossi e neri, Conte ha fatto lezione ai giornalisti sulla tattica e i movimenti in campo. Ora tocca ai pennarelli azzurri sul campo di Bari.

Vedremo se basterà la “frusta” di Conte per rilanciare una rappresentativa che è il riflesso pallido della povertà tecnica in cui è sprofondato il calcio italiano retto ancora dalle prodezze di Totti (37 anni), Pirlo (35), Di Natale (36). Conte sarà un condottiero fiero, martellante e inflessibile. Ma sarà più Caronte che Ulisse, un traghettatore verso l’inferno dei vivi (come si annuncia la nazionale che lui torchierà sino allo spasimo) piuttosto che un sognatore. Se siamo ancora a Giaccherini, c’è poco da sognare.

MIMMO CARRATELLI

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