La prima mesta uscita juventina di Allegri

Geme l’Italia bianconera. Tifosi corrucciati, nostalgici, pessimisti, insoddisfatti e, tutto sommato, in guerra dichiarata al club.Allegri, arriva Allegri. Ma il “botto” giunge smorzato, senza la miccia della sorpresa, senza la pirite della fantasia, una soluzione-lampo senza il fragore del tuono dopo il fulmineo addio di Antonio Conte.Via Conte. Perso Iturbe (dal Verona alla Roma). Evra […]

Allegri

Geme l’Italia bianconera. Tifosi corrucciati, nostalgici, pessimisti, insoddisfatti e, tutto sommato, in guerra dichiarata al club.
Allegri, arriva Allegri. Ma il “botto” giunge smorzato, senza la miccia della sorpresa, senza la pirite della fantasia, una soluzione-lampo senza il fragore del tuono dopo il fulmineo addio di Antonio Conte.
Via Conte. Perso Iturbe (dal Verona alla Roma). Evra indeciso se accettare ancora la Juve. Morata, giovane genietto d’attacco del Real Madrid, non è proprio la fine del mondo. Vidal in partenza se i 60 milioni del Manchester United (base d’asta 44 milioni) dovessero ripresentarsi in via Galileo Ferraris a Torino. E i “senatori”, senza più la frusta di Conte, come sopporteranno un quarto anno di corsa, sudore e spasimi?

Momento delicato e sorprendente per la Juventus, la fidanzata d’Italia che passa da un amante meridionale geloso, goloso, possessivo, perennemente incazzato e deliziosamente imparruccato a un nuovo “partito” di esile costituzione, delicatino all’apparenza, ma col suo bel caratterino e il faccino di primo della classe non ancora promosso a pieni voti.

Alla prima conferenza stampa di Massimiliano Allegri, con lo stemma della Juventus sulla giacca scura, l’ombra di Antonio Conte, meno tragica di quella di Banco, ma più pesantemente immanente, schiaccia tutto e tutti.

Non bastasse l’assenza-presenza del leccese Banco, il panegirico, la tirata elegiaca, il poema in prosa di Marotta per l’allenatore perduto, l’omaggio al guerriero di tre anni guerreggiati contro tutto e tutti, rendono ancora più pesante, pressante e condizionante il clima nel quale Allegri si è cacciato per due milioni netti l’anno, contratto biennale.

Tariffa d’occasione, la metà di quanto guadagnava Conte e, allora, se oggi si misura tutto col danaro, la Juve ha preso un allenatore che vale la metà del precedente, un allenatore per giunta esonerato dal Milan, un allenatore a spasso.

La disponibilità immediata di Allegri ha indirizzato la scelta della Juventus, obbligatoriamente frettolosa per il colpo di scena di Conte, non proprio un omaggio alla Vecchia Signora piantata di botto, a stagione praticamente iniziata nel ritiro di Vinovo, dopo averla strizzata per tre anni incoronandosene di tutte le vittorie perché, caro Andrea Agnelli, le vittorie juventine, te lo dice Antonio Conte, sono state made in Conte, nessun altro ne sarebbe stato capace e ora vediamo chi ne sarà ancora capace.

Allegri prende, incarta e porta a casa. Ed eccolo alla conferenza stampa di un penoso debutto, tra la sfiducia completa dei tifosi e la fiducia obbligata della società, eccolo con quell’aria trattenuta di eterno piangina, il sorriso stirato.

L’allenatore di Livorno, 47 anni, filiforme ed elegantino, una triglia livornese, fuori di dubbio, si è rifugiato nella sua cadenza toscana, più mesta che vivace. Al suo fianco il più navigato e infrangibile Beppe Marotta, 57 anni, di Varese, un grande passato alla Sampdoria, un avvenire problematico alla Juve.

I due mostrano una abbronzatura soddisfacente. Marotta, dallo sguardo vago e spiazzante, è un morbidone all’apparenza, una roccia nella sostanza. Allegri, un fuscello dal sorriso sforzato, capitato in una tempesta. La sua gentilezza rasenta la timidezza.

Milanista per quattro anni, Allegri subisce la soggezione del casato juventino e la disperata condizione di un allenatore che deve assolutamente vincere perché con Conte si vinceva, sino a tre scudetti consecutivi e a due supercoppe, e lasciamo stare l’Europa, e non è vero, come dice subdolamente il giovane Agnelli che ora si ricomincia da zero. Ci sono i tre anni vittoriosi di Conte che premono e saranno la persecuzione costante per Allegri più che per la squadra.

Come giocherà Allegri, come cambierà la squadra, come la motiverà, quali acquisti pretende. Sono domande che si perdono nel vuoto di una conferenza stampa di angoscioso stupore. Non sono neanche maliziose le domande su Pirlo, liquidato da Allegri al Milan, ed ora di nuovo insieme, vi siete parlati? vi siete visti? Vi amerete? Le risposte di Max, il contino Max, sono ovvie, col sorrisino livornese, un po’ tagliente, un po’ senza neppure il finto cruccio da commedia dell’arte.

Sul tecnico livornese e sul dirigente lombardo di Varese c’è la cappa gentile della cortesia piemontese con la morbidezza dei gianduiotti, seppure avvelenati. E’ una conferenza-stampa stile-Juve ora che non ci sono più le grida di guerra, i patimenti, le accuse, l’aria brusca e offesa di Conte con la sua voce roca di guerriero vindice.

Nel ventre dello Juventus Stadium, nell’asettico salone delle conferenze-stampa al color grigio chiaro e scuro, sordo e grigio se vogliamo, parlano Gianduia Marotta e Stenterello Allegri, le maschere del nuovo corso juventino.

Si cercherà di vincere ancora, non è facile, ma il blasone lo pretende. Si cercherà gloria in Champions, è ancora meno facile, ma è sempre il blasone che lo pretende. La squadra non sarà stravolta, difesa a tre o a quattro vedremo, gli acquisti vedremo, i tifosi sono disorientati ma impareranno a conoscermi (Stenterello), Vidal è della Juve e non è stato mai messo in vendita (Gianduia).

Quarto scudetto consecutivo come pretende il blasone, ancora e sempre il blasone al quale Conte si è ribellato perché senza soldi non si cantano blasoni, mentre l’aziendalista Allegri ci sta, vedremo, sono stimolato, qui c’è una grande organizzazione.

Gianduia Marotta esegue poi la canonizzazione di Stenterello Allegri, “uno che ha sempre vinto al suo primo anno”, la promozione col Sassuolo dalla serie C alla B, lo scudetto col Milan. Stenterello ridimensiona tanta gloria ricordando gli esordi all’Aglianese in C2 nella città di Agliana adornata dai torrenti Brana e Bure, la gavetta decorosa, ci scappa da dire a Brana, Bure e marmellata.

Conte se ne è andato perché non poteva pranzare nei ristoranti europei da cento euro avendone in tasca dieci. Il bilancio della Juventus è in rosso per 40 milioni. Allegri arriva perché in qualche modo bisognerà pranzare. Tutto dipenderà dalla “vecchia guardia”. Se non ha più fame, Stenterello stenterà.
MIMMO CARRATELLI

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