A stupirci fu una delle prime giocate di Jorginho con la maglia del Napoli, in Coppa Italia. Una entrata bella dura sulle gambe di un laziale (non ricordo chi fosse) che stava provando a far ripartire l’azione. Un fallo di quelli che un gentiluomo evita, se può, quando può, e a cui Jorginho non si sottrasse. Entrata ignorante che ci fece sobbalzare, ci pareva di non averne viste ancora con Benitez. Eppure Inler non è tipo che tiri indietro la gamba, né Behrami si sottrae alla schiuma della battaglia. Ma era quella idea di fallo lì che ci sembrava sconosciuta, l’idea della cattiveria inevitabile.
Il pensiero di un Napoli privo di crudeltà, non senza ragione, si è fatto strada. Qualche sera fa su Sky, Boban, che dolce di sale in campo non era, ha avanzato la tesi che sia Benitez a non trasmettere alla squadra abbastanza aggressività, trasferendo così l’argomento dal terreno dell’analisi a quello dell’accusa e delle responsabilità.
Con una media di 12.7 falli a partita il Napoli è la squadra italiana più corretta dopo la sola Fiorentina (una media di 11.6; la fonte è il sito di statistiche www.whoscored.com che si basa su dati Opta). I moduli di Montella e di Benitez non sono uguali, la loro filosofia del calcio neppure, ma gli stili di questa Fiorentina e di questo Napoli sono certamente simili. La ricerca dell’affermazione del proprio gioco, il calcio che oggi si chiama propositivo, l’assenza di ogni speculazione sulle caratteristiche dell’altro. Che siano proprio loro ad aver commesso meno falli delle altre non è un caso.
Eppure, sin da quando siamo bambini e giochiamo in strada, ci sentiamo dire al primo fallo subito che il calcio non è un gioco per signorine (circostanza, questa, smentita poi negli anni da Carolina Morace, la brasiliana Marta e l’americana Abby Wambach). Poniamo che sia così. Poniamo pure che una decisa propensione ai falli sia una delle caratteristiche del gioco del calcio. Il punto è che non si tratta di una componente necessaria per vincere. Provare a essere più cattivi rispetto alla propria natura di squadra non garantisce in sé risultati migliori. Se guardiamo quali sono le squadre europee che commettono più falli, si fa fatica a trovarne una che sia al vertice del proprio torneo. Nell’ordine: Hoffenheim, Hannover, Sampdoria, Hertha Berlino, Catania.
Ancora più illuminante è il dato dei falli commessi dalle squadre che nei principali campionati d’Europa sono fra le prime posizioni: Arsenal 9.3 (meno di tutti in Europa), Manchester City 10.6, Chelsea e Barcellona 11.6, Real Madrid 12.3, Bayern 12.4, Psg 12.4. Tutte dunque meno del Napoli. Eppure vincono, guidano campionati, sono in corsa per vincerne uno.
Poiché qualcuno potrebbe obiettare che il divario tecnico esistente nei rispettivi campionati, consente a queste squadre di vincere anche senza spendere troppi falli, andiamo allora a guardarci il dato della Champions. Le squadre più corrette sono il Bayern di Guardiola e il Real di Ancelotti (10.2 falli); Arsenal, Psg, Chelsea e Manchester City ne commettono anche in questo caso meno del Napoli. Sintetizzando, non è con più entrate dure che il Napoli guadagnerebbe più punti in classifica. Viceversa, provando a darsi un atteggiamento sin da adesso più “europeo”, con meno falli e quindi meno interruzioni di gioco, il Napoli si sta abituando a giocare su ritmi più internazionali, meglio adatti a una scena che pretende più intensità e meno pause.
Nel nostro campionato c’è sempre qualcuno che sta ruzzolando a terra, che cade al primo contatto, che chiede di vedere la palla buttata fuori per farsi soccorrere. Succede solo in Italia. Se il Napoli è stato la migliore squadra italiana in questa edizione della Champions si può immaginare che il merito sia anche di questa nuova impostazione dei propri ritmi di gioco. Certo, se poi una volta Jorginho entra su un avversario che se ne sta andando solo solo verso la porta, si prenderà un cartellino giallo, ma noi niente gli diciamo.
Il Ciuccio