Il bilancio del Napoli è perfetto per un commercialista. Meno per un tifoso

Commercialista tifoso o tifoso commercialista? Quale penna usare per commentare il bilancio 2012/2013 del Calcio Napoli? Ho più volte detto che per fortuna dei napoletani non sarò mai presidente. Sarei un mix tra Zamparini e Cellino con una spolverata di Gaucci e Rozzi (do you remember)? Ma mi guadagno il pane con la professione e […]

Commercialista tifoso o tifoso commercialista? Quale penna usare per commentare il bilancio 2012/2013 del Calcio Napoli? Ho più volte detto che per fortuna dei napoletani non sarò mai presidente. Sarei un mix tra Zamparini e Cellino con una spolverata di Gaucci e Rozzi (do you remember)? Ma mi guadagno il pane con la professione e inizio a perdere la speranza in un sei al superenalotto. Allora è giusto discutere seriamente lasciando una piccola finestra aperta ai commenti del tifoso, con i quali inizio. Aurelio de Laurentiis, o se preferite il suo gruppo, ha investito nel Napoli 501.000,00 euro. Il capitale sociale è di circa un miliardo delle vecchie lire. Questo è quanto uscito dalle tasche dei proprietari, l’entità dell’investimento. Non c’è nemmeno bisogno di leggere il bilancio, lo trovate scritto in fondo alla home page del sito web della società. Sì, avete capito bene, con 501.000,00 euro la famiglia de Laurentiis è diventata proprietaria del Napoli. Ma sarei disonesto se mi fermassi qui.

Al curatore fallimentare, per l’acquisto della società, furono pagati circa 30 milioni di euro. Milioni che de Laurentiis si fece prestare dalla banche. A me, a voi, alla quasi totalità degli umani le banche non presterebbero mai 30 milioni di euro. Lui, Aurelio, avrà fornito adeguate garanzie (che noi non saremmo in grado di fornire) e le banche gli hanno prestato 30 milioni per acquistare il Napoli. Questi 30 milioni lui li ha restituiti grazie al fatturato, cioè agli incassi, cioè grazie a noi. Tutto questo, più o meno, lo avevo scritto anche l’anno scorso. Ma è bene ribadire che il presidente ha comprato il Napoli con un miliardo di lire. E che quindi il Napoli è anche un po’ nostro, di noi che gli abbiamo consentito di restituire 30 milioni di euro alle banche. Non è nostro giuridicamente, certo, però dobbiamo sentirlo anche un po’ nostro. E lo dico in un senso completamente diverso da quello che si potrebbe pensare: il giudizio sul bilancio deve essere dato da soggetti che valutano se un signore dalla parlata romanesca sta gestendo un bene di famiglia, della famiglia dei soggetti stessi.

Se il Napoli fosse un condominio, Aurelio l’amministratore e noi i condomini, non avremmo nulla di cui poterci lamentare. Utile di 8 milioni di euro che, sommati ai precedenti, hanno fatto accumulare in tesoretto di utili non distribuiti di 52 milioni. Sette anni consecutivi di risultati positivi che noi tecnici chiamiamo “riserve”, poste di bilancio che incrementano il valore del “patrimonio netto”. Per i diversamente esperti di bilancio: il valore del bene si è notevolmente accresciuto, perché i “guadagni” non sono stati sperperati ma sono stati lasciati “lì”. Come se il fitto della casa che una volta era del portiere dello stabile e oggi è locata al dentista si andasse ad accumulare in vista di future spese: ascensore da sostituire, tinteggiatura dello stabile, rifacimento dei lastrici senza chiedere soldi ai condomini. Pensate che la Roma, nello stesso esercizio 2012/2013, ha accumulato perdite di 40 milioni che si sommano ai 130 milioni di perdite di anni precedenti. In quel caso, avremmo cacciato a calci l’amministratore del condominio.

In realtà il risultato positivo del bilancio è dovuto essenzialmente alla cessione di Lavezzi al Paris Saint Germain. Solo per poche righe faccio il professore: le società calcistiche hanno un “esercizio” diverso dalla stragrande maggioranza degli altri: dall’1 luglio al 30 giugno dell’anno successivo e non dall’1 gennaio al 31 dicembre. Il perché è presto spiegato: il bilancio d’esercizio serve a chiarire “come sono andate le cose”. Se non finiscono campionato e coppe, non si possono trarre conclusioni. L’ultimo bilancio, quello 2012/2013, “contiene” la cessione del Pocho e non quella di Cavani, sempre al Psg. Quindi, per nostra fortuna, nel prossimo bilancio l’incredibile plusvalenza derivante dal passaggio del Matador al club francese, influenzerà positivamente il reddito. Scrivo “fortuna” perché, paradossalmente, i ricavi sono diminuiti rispetto al bilancio 2011/2012. Senza la Champions, infatti, sono diminuiti nel 2012/2013 i “ricavi da gare” (da 25,1 milioni a 15,1), da attività commerciali (diminuiscono di quasi il 6 per cento) e da sponsorizzazioni (si abbattono di circa 5 milioni).

Insomma, la vendita del Pocho ha salvato il bilancio. Ecco il punto nodale che, a mio giudizio, chiarisce tanti perché del comportamento del presidente: decidi di costruire una squadra per lottare su tre fronti (campionato, Champios e tim-cup), e il “conto economico” vede aumentare vertiginosamente i costi (soprattutto quelli per gli stipendi ai calciatori). Se poi non raggiungi la qualificazione in Champions (o magari esci al primo turno come è successo quest’anno), i costi restano quelli e i ricavi invece subiscono una contrazione pazzesca.

Altro aspetto incredibilmente positivo è quello dei “pochi debiti”. Il Calcio Napoli non è indebitato con banche e altri finanziatori, in pratica lavora coi i soldi suoi. Il prestito iniziale di circa 30 milioni, di cui si è parlato all’inizio, è stato rimborsato e quindi non ci sono “oneri finanziari”, vale a dire “interessi passivi” che in molti casi “rovinano” il bilancio delle società. Insomma, cari tifosi azzurri, la Ssc Napoli scoppia di salute e quindi il nostro “bene comune” ha oggi un valore inestimabile. Il punto è che ai tifosi, del condominio, non interessa granché. Chiedo scusa per l’eccessivo utilizzo di virgolette, ma tentare di passare dal linguaggio tecnico a quello giornalistico-divulgativo non è facile ed io non sono Montanelli o Biagi.

Resta da dire che occorre uno stadio nuovo, moderno, come quelli posseduti e gestiti dai più importanti club internazionali per far girare il volano dei ricavi. Tanto per cambiare, a Napoli la questione è complicata. San Paolo da rifare o nuovo stadio e in tal caso dove; il sindaco de Magistris, per cedere- concedere la struttura al Napoli deve combattere con leggi e normative desuete. Ci vuole uno scatto di reni, caro presidente. Da commercialista l’ho, praticamente, elogiata per il suo bilancio 2012/2013. Ma – lo dico con rammarico personale – commercialisti, ragionieri e amministratori di condominio non scrivono la storia. I posteri non ricorderanno utili, dividendi e patrimonio netto. I posteri, ma anche i contemporanei, vogliono vincere.
Giuseppe Pedersoli

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