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Se il ruolo di allenatore-manager fa sbandare la squadra

Cinque giorni e poi sarà finita. Cinque giorni ancora: venerdì sera chiude il mercato e non ci pensiamo più. Forse arriverà qualcuno, forse non arriverà nessun altro dopo Jorginho. La cosa che importa è che chi ci sarà, da venerdì, continuerà a sentirsi pienamente coinvolto nel Napoli fino a giugno. Una certezza, questa, che potrebbe essere venuta meno in qualche calciatore e che potrebbe avere minato la serenità della squadra in queste ultime partite.

Paradossalmente, anche il ruolo di Benitez, in questo senso, non aiuta. Per propensione sua personale e per una palese investitura del presidente, Rafa veste i panni dell’allenatore-manager. All’inglese. È lui che ha in mano le chiavi del mercato, come si vede dagli obiettivi nettamente diversi rispetto a quelli degli ultimi anni. Non solo ha le chiavi in mano, ma pure il telefono. Benitez chiama calciatori, li contatta, prova a convincerli della bontà del progetto Napoli. Si spende in prima persona, non è un mistero. Si sa che ha sentito più volte Capoue per chiedergli se fosse interessato e se volesse venire. Qui forse (forse, si tratta solo di una ipotesi, una sensazione) risiede il punto dello sbandamento di queste due settimane. Come può sentirsi un Inler, se sa che l’allenatore che lo manda in campo sta telefonando a un altro calciatore per chiedergli di venire qui a prendere il suo posto?

Il caso Capoue-Inler, cambiando i nomi, può estendersi a ogni altra trattativa, in ogni altro ruolo. Ma se prendi Benitez, lo prendi per intero. Anzi, lo prendi proprio per quello. Per la sua competenza europea, la sua banca dati, le sue relazioni internazionali. Lo prendi perché proprio grazie a questa maniera di interpretare il ruolo (allenatore e d.s. in una persona sola) sono potuti arrivare a Napoli in una sola estate campioni come Higuain, Callejon, Reina e Albiol. Sono arrivati – particolare non di secondo piano – nell’estate in cui del Napoli in Europa si parlava perché stava cedendo il suo miglior calciatore. Il Napoli non garantiva giorni luminosi a chi veniva, il garante era lui, Rafa, con la sua etichetta internazionale di maestro di sport. Una risorsa enorme per De Laurentiis, che in certi giri non si era mai affacciato.

Chi siano i migliori calciatori del Napoli in questa prima metà della stagione è presto detto. Sono i nuovi. Sono i campioni venuti quest’estate, non c’è un solo acquisto sbagliato. Gli altri, che meravigliose sodfisfazioni ci hanno regalato nel triennio precedente, sono chi più o chi meno appannati, alcuni in maniera che ci pare irreversibile. È una verità lampante sotto i nostri occhi. Sono, per cercare una formula, dei calciatori a fine ciclo. Continueranno a fare bene, ma via da qui. Che quel ciclo fosse finito lo aveva del resto intuito benissimo Mazzarri, la differenza che esiste fra i “suoi” giocatori e i nuovi è evidente. Del resto non si poteva immaginare di rifare una squadra intera in un colpo solo, in un’unica sessione di mercato.

Ma che un ciclo fosse finito, non lo hanno capito molti tifosi. Il Napoli si è rifondato da zero o quasi, personalmente in estate avrei firmato con il sangue per un terzo posto finale (non ne parliamo poi dei 12 punti in Champions; avrei pure pagato), mentre l’errore di alcuni è stato credere che il secondo posto di un anno fa fosse la base di partenza. Certo, si può pure fare il miracolo con una squadra rifondata. Cone Garcia a Roma. Ma i miracoli non si pretendono, si pretende il lavoro. Questo significava e significa per il Napolista essere rafaeliti: non l’esclusione a prescindere della possibilità che Benitez sbagli qualcosa, ma avere fiducia nel metodo di una persona. In sintesi: contano più le prospettive a medio-lungo termine che garantisce Rafa, anziché l’esclusione di Mertens a Cagliari o una sostituzione in meno nel finale a Bologna. Se qualche nuovo calciatore, con nuove motivazioni e nuovo entusiasmo, arriverà nei prossimi cinque giorni, lo vedremo. Di certo venerdì finisce. E chi sarà del Napoli quella sera dovrà essere da Napoli fino a giugno.
Il Ciuccio

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