Siamo sempre precari, anche nel giorno della festa

Che poi, diciamolo, non è vero che siamo un popolo festaiolo, che trasformiamo tutto in gioia, che il sole sta in fronte a noi, che basta che ci sta il sole e che c’è rimasto il mare. Non è vero per niente. Sembriamo, piuttosto, dei fanatici del coitus interruptus, incapaci di godersi una gioia. Un […]

Che poi, diciamolo, non è vero che siamo un popolo festaiolo, che trasformiamo tutto in gioia, che il sole sta in fronte a noi, che basta che ci sta il sole e che c’è rimasto il mare. Non è vero per niente. Sembriamo, piuttosto, dei fanatici del coitus interruptus, incapaci di godersi una gioia. Un po’ dei frustrati, diciamolo.
Per carità, mi ci metto anch’io nella folta schiera. Non festeggiai quando vincemmo la Coppa Italia, mi parve (a ancora oggi mi pare) tutto così eccessivo. Un comportamento da eterni parvenù. Però la festa ci fu. Stavolta, invece, ci è rimasta un po’ strozzata in gola. Il secondo posto conquistato con due giornate d’anticipo avrebbe meritato un respiro più ampio. E invece pochi minuti dopo il fischio finale siamo rimasti lì a lambiccarci sulle dichiarazioni di Mazzarri, a interpretare il volto sorridente di Cavani nelle foto dello spogliatoio. “Guardalo bene, uno che sorride così non può andarsene”.
Neanche dodici ore e un risultato storico è stato già scavalcato dal rincorrersi di voci e pettegolezzi sul destino di allenatore e centravanti, e sui progetti della società.
Non sappiamo gioire. E non solo per colpa nostra. Ogni anno è sempre la stessa storia. Ogni anno vissuto col patema d’animo che i prezzi pregiati possano andar via. A ciascuna estate la sua pena. Mai una parola definitiva, mai una parola di chiarezza. Mai che ci lasciassero la serenità di analizzare e celebrare un’annata a mio avviso straordinaria. Ho addirittura sperato nello scudetto, non lo nascondo. E secondo me la diversa preparazione fisica conferma che il tricolore era un obiettivo. Non lo abbiamo raggiunto, probabilmente non siamo nemmeno mai stati realmente in corsa. Però, allora, va anche detto che non abbiamo neanche mai rischiato di perdere il secondo posto.
Eppure siamo sempre sul filo della precarietà. Eternamente preoccupati che da un momento all’altro tutto possa svanire. Chissà, forse è parte di una strategia. Oppure è solo connaturata a un modello di gestione. Eppure sarebbe bello avere la serenità di poter festeggiare sapendo che potremo solo migliorare.
Massimiliano Gallo

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