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Perché sono contrario alla logica dei grandi eventi e non tollero l’America’s Cup

Non mi sono mai appassionato ai cosiddetti grandi eventi, tranne che per gli appuntamenti pallonari del S.Paolo, soprattutto a quelli che si organizzano qui, perché troppo spesso restituiscono l’idea di un vorrei ma non posso dal sapore paesano. Confesso di essere prevenuto verso l’America’s Cup perché non sopporto più il populismo oleografico di De Magistris e le prese in giro di chi continua a contrabbandare la sfilata di catamarani nel golfo come un significativo appuntamento sportivo. Lo ricordava bene nei giorni scorsi, con signorile distacco, Carlo Rolandi intervistato da Carlo Franco. Il grande skipper partenopeo, medagliato e pluriolimpionico, neanche invitato alla cerimonia d’apertura, segnalava una singolare assenza alla kermesse delle World Series: la vela, e quella napoletana in particolare. Nessuno dei grandi velisti della scuola di Straulino ha infatti trovato nemmeno una poltrona riservata nel costosissimo ed esclusivo club affacciato sul campo di regate. Logica da grandi eventi, sempre uguali tra loro, che siano musicali, mondani o sportivi. Dei franchising itineranti, indifferenti alle caratteristiche, alle tradizioni ed ai problemi del territorio dove di volta in volta vanno a piazzare orrendi prefabbricati per vendere gadgets, pizze e kebab. Ma a prescindere dai preconcetti, e da un po’ di sano snobismo, non penso che realizzare qualche accattivante spot restituisca davvero alla città una buona immagine ed una ritrovata credibilità internazionale. La paralisi totale delle nostre strade, che ci soffoca da molti mesi, ed i conseguenziali gravissimi problemi a tutte le attività produttive, rappresentano un costo intollerabile e concreto mentre i vantaggi ed i benefici appaiono, al contrario, pochi, aleatori e tutti da verificare. Al di là del rapporto costi-benefici è la filosofia del grande evento che mi sembra improponibile, oggi, a Napoli dove c’è solo un disperato bisogno di piccoli gesti concreti che ci aiutino a sopravvivere nel diffuso degrado nel quale siamo precipitati. L’avvenimento eccezionale che stravolge la città e la trasforma in palcoscenico rappresenta, per una realtà come la nostra, un obbiettivo futuribile perché può essere ben metabolizzato, e diventare davvero un valore aggiunto, solo se la normalità è garantita tutti i giorni, altrimenti meglio farne a meno ed utilizzare le poche risorse economiche disponibili in altro modo. Finalmente domani sera finisce questa inutile baraonda, certamente qualche albergatore o ristoratore avrà guadagnato un po’ di soldi in più, il sindaco e la sua giunta, contestati e delegittimati, avranno un po’ di tregua e tireranno anche un sospiro di sollievo, ma alla città rimarranno solo tante bellissime cartoline insieme alla rabbia e la frustrazione per un quotidiano sempre più avvilente. Claudio Botti

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