Questo è il Napoli di Mazzarri. Rassegniamoci, non cambierà

Il Napoli ha giocato e vinto contro il Siena una delle partite piú brutte e noiose partite della storia del calcio. I tre punti sono però i benvenuti. Essi consentono alla squadra di andare in vacanza senza la certificazione ufficiale di squadra in crisi. Ma approfittando della sosta natalizia per riflettere il mio pensiero non riesce […]

Il Napoli ha giocato e vinto contro il Siena una delle partite piú brutte e noiose partite della storia del calcio. I tre punti sono però i benvenuti. Essi consentono alla squadra di andare in vacanza senza la certificazione ufficiale di squadra in crisi.

Ma approfittando della sosta natalizia per riflettere il mio pensiero non riesce a staccarsi dal ricordo delle rocambolesche rimonte di Torino, Milan e Bologna che ci sono costate (per di più al San Paolo) sette punti. So bene che si può obiettare che quei punti buttati al vento sono compensati (almeno in parte) da altri guadagnati in altre gare. Nelle quali la dea bendata è stata dalla nostra parte. Ma sommando il dare e l’avere quattro o cinque punti in più il Napoli potrebbe (dovrebbe!) averli. Trovandosi così agganciato alla corazzata juventina. Il calcio, come la vita, è fatto di occasioni. Il Napoli quest’anno ne ha avuta più di una e la ha gettata al vento.

Pur rischiando di essere accusato di blasfemia scomodando Shakespeare per commentare affarucci di calcio, mi viene da pensare alla citazione dal Giulio Cesare: “c’è una marea nelle cose degli uomini che, colta al flusso, mena alla fortuna; negletta, tutto il viaggio della vita s’incaglia su fondali di miserie”.

E il Napoli rischia di “incagliarsi su fondali di miserie”.

Ma lasciamo in pace i classici. E restiamo sui tre match incriminati. Che sono, mutatis mutandis, l’uno la fotocopia dell’altro. E costituiscono, io credo, casi di scuola per capire limiti e potenzialità di questa squadra. Perché gli azzurri non sanno amministrare il vantaggio? Dove è il problema?

A mio avviso la risposta non va cercata nel modulo. Né in deficienze dei singoli reparti. La risposta è nella mentalità del tecnico. Quella stessa mentalità che ci ha consentito di occupare posizioni di alta classifica negli ultimi anni. Di andare in Champions. Di essere addirittura indicati come l’anti Juve. Pur con un organico rabberciato. Pur avendo una delle squadre più vecchie d’Italia (altro che siamo giovani, dobbiamo crescere …). E, a parte Cavani ed Hamsik, senza grandi stelle.

La mentalità del tecnico prevede una squadra in cui tutti vadano a mille. E giochino con frenesia assoluta dal primo all’ultimo minuto. In questa mentalità è assente, nel bene e nel male, l’idea che una partita si possa controllare, un risultato si possa gestire. E basta che un paio di giocatori si appannino perché il giocattolo si rompa. Così due anni fa. Così l’anno scorso. Così quest’anno. Il Napoli è capace di buttare alle ortiche incontri già vinti. Dando l’impressione di essere totalmente acefalo.

Contro il Bologna con il Napoli in vantaggio (anche se immeritato) ho visto giocatori arrischiare tocchi di prima, magari potenzialmente bellissimi, invece di pensare ad addormentare il gioco. Ho visto effettuare frettolose aperture su Maggio e Zuniga che tutti sanno, e quindi anche i compagni, essere in questa fase esterni balbettanti.

(A proposito di Maggio, Niels Liedholm, il grande barone del calcio, avrebbe detto che quelli come lui si marcano mettendo “una sedia” sulla fascia. Almeno se non è in condizione.)

D’altro canto per gestire un incontro occorre qualcuno che detti i cambi di ritmo. Che rallenti il gioco quando occorre rallentare. Che acceleri quando occorre accelerare. E questo non è previsto dalla mentalità di Mazzarri. Non lo incolpo di ciò. Lui ha in mente un calcio muscolare . E con il calcio muscolare ci ha regalato risultati e prestazioni bellissime. Nella mentalità del toscano non c’è spazio per il leader. Il giocatore di grande personalità in mezzo al campo. Che decide in campo come giocare. Se far correre o frenare la squadra. Non dimentichiamo, ad esempio, che il tecnico non si è sbracciato per avere Verratti. Preferendogli Inler. Tagliaboschi travestito da fiorettista. Salvo poi a sostituirlo molto spesso con Dzemaili.

Questa impostazione produce una compagine irresistibile, con un gioco spettacolare se tutti sono al meglio. La stessa compagine può perdere contro chiunque se un paio di giocatori non sono in condizione.

Un’altra osservazione riguarda Insigne sul quale avevo riposto grandi speranze. E che invece continua “a lambire il palo” con il suo “tiro a giro”. La metterà mai dentro invece di lambire? In fondo è un attaccante. E gli attaccanti servono a fare i goal.

E allora? Allora riponiamo i sogni nel cassetto. Non credo nulla possa accadere nel mercato di gennaio. Salvo mettere qualche pezza qui e lì.

Magari evitiamo di buttare l’acqua sporca con il bambino dentro lottando per il secondo o il terzo posto. Che ci vuoi fare? … chesta è ‘a zita e se chiama Sabella concluderei ricorrendo alla saggezza napoletana.

Guido Trombetti

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