Caro Max, filosofeggiavo. Come fanno (d’estate) i tifosi come me

Caro Max, qualche nota a margine del tuo commento sul mio articoletto. Che era in fondo un mix di presente e passato nel calcio. Non una classifica tra presente e passato nel calcio. Sento il dovere di giustificarmi con te. Che preciso e acuto hai colto una incongruenza. E severo come sempre la hai messa […]

Caro Max, qualche nota a margine del tuo commento sul mio articoletto. Che era in fondo un mix di presente e passato nel calcio. Non una classifica tra presente e passato nel calcio. Sento il dovere di giustificarmi con te. Che preciso e acuto hai colto una incongruenza. E severo come sempre la hai messa in luce.

Vedi, caro Max, se ci pensi in fondo la pausa estiva del campionato ci consente di divagare. Lontano dalla tensione della partita. Avendo smesso per un paio di mesi i panni dei tifosi passionali come me. Per i quali una partita è ben giocata se la si vince. Mal giocata se la si perde. E al diavolo tattiche, pretattiche e altre diavolerie del genere. La parola d’ ordine è una sola. Conquistare i tre punti.

Durante la pausa estiva il tifoso come me filosofeggia. (Non scrivo cazzeggia per non darti occasione di rimbrotti semantici).

Durante la sosta del campionato il tifoso come me parla di calcio con l’astrattezza del distacco dagli eventi concreti (leggi la partita). E pensando al tema dell’astrattezza mi è venuto in mente un arguto scritto di Benedetto Croce dal titolo “La statua di Giambattista Vico e la filosofia a Napoli” (Curiosità Storiche, ed. Ricciardi). Il grande filosofo racconta, da par suo, che passeggiando in Villa Comunale e posando lo sguardo sulla statua di Giambattista Vico (“la statua non è bella, opera alquanto fredda, sebbene non indecorosa…”) viene spontanea la seguente riflessione: “Perché Napoli col suo splendido cielo, mare, Vesuvio, Capri Sorrento, e via dicendo, ha prodotto così pochi e deboli poeti e tanti e così valenti filosofi? Perché la forza astrattiva del pensiero ha trionfato in mezzo a una natura che pare tiri violentemente al concreto?”.

Croce individua una delle cause del fenomeno “nelle condizioni sociali del napoletano”. “Napoli e l’Italia meridionale non hanno avuto la vita libera dei comuni lombardi: non i conflitti, non le esperienze di un popolo che si muove da sé; ma per secoli, feudalismo… Non è il cielo né il mare che ispirano, ma l’intensità della vita sociale e passionale; e solo agli animi preparati cielo e mare parlano. Che cosa potevano fare i Napoletani, ai quali la vita e la politica non davano alimento intellettuale? Filosofare: contemplare l’uomo in universale… Così mentre altrove Dante aveva creato la poesia civile… qui a Napoli tu, o Giambattista Vico, scoprivi la Filosofia della storia… ”.

Le parole di Croce sembrano quanto mai adatte a spiegare il perché della nostra (di noi TIFOSI napoletani intendo) tendenza a filosofeggiare in mancanza di fatti concreti.

Mamma mia! Temo che mi toccheranno terribili rampogne. Anche da parte tua Max.

Questa volta la ho fatta grossa. Scomodare il divino filosofo , napoletano d’adozione, per spiegare il vezzo estivo di filosofeggiare di un tifoso plebeo.

Guido Trombetti

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