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De Laurentiis, addenocchiate e vasace sti mmane

Mi sembra sufficiente utilizzare il testo di una famosa sceneggiata, senza scomodare le altre anime della cultura partenopea, per trovare una metafora artistica adatta alla sparata del presidente De Laurentiis: “. . .era meglio ca te facevo zappatore, o zappatore nun sa scorda ‘a mamma…”. Nemmeno una madre un po’ puttana, invadente e lazzara come Napoli, perché comunque accogliente e generosa come nessun’altra città.

Ogni volta che De Laurentiis straparla, e si lascia andare anche nei modi e nelle forme, gli chiederei se pensa veramente che, acquistando dal Tribunale il marchio di una società fallita, è diventato pure proprietario di una storia e di una passione che unisce, da oltre un secolo, un popolo e la sua squadra.

Straordinaria intuizione imprenditoriale la sua, gestita con efficienza, trasparenza e capacità.

Ma, se ha capito davvero che cosa ha comprato, lasci perdere il nostro passato e le esternazioni sulla città. Continui a fare bene come sta facendo, altrimenti rischia di offendere una passione vera.

Non basta saltellare a centrocampo sottobraccio al sindaco. Sentirsi, come lui, gratificato da quel calore e da quella popolarità che noi napoletani regaliamo così a buon mercato, e pensare, solo per questo, di essere diventato l’anno zero del calcio a Napoli, e l’unico modello positivo esistente.

Giudizi, reprimende e lezioni di napoletanità di un romano in trasferta!

Una specie di necessità narcisistica che prevede solo consensi e ringraziamenti. Nessun passato e nessun futuro senza di lui, niente paragoni o confronti, tantomeno critiche o perplessità. Altrimenti non viene risparmiato nulla dalle sue reazioni, neanche la memoria e l’orgoglio dei tanto decantati tifosi.

Sono sicuro di una cosa, il 10 maggio del 1987 il suo cuore non batteva come il nostro, vero Maurizio de Giovanni? Diversamente non gli sarebbe mai scappato, con impeto e cadenza da ultrà giallorosso: Prima di me non avete vinto un cazzo.

Non so se come presidente dell’Albinoleffe, al di là della bontà di un progetto, ne avrebbe ricavato lo stesso ritorno di immagine e credibilità. D’altronde perché meravigliarsi, tanto non esistono mecenati, come è giusto che sia, ma un po’ di riconoscenza, questa volta a parti inverse , verso Napoli ed i napoletani, non ci starebbe male. Se non vi sta bene me ne vado, strepita invece il presidente, ed un pensiero cattivo ci farebbe dire: ma è una promessa o una minaccia?

Quella squadra, quella maglia sono un patrimonio importante per quello che hanno significato, significano e significheranno. Un contesto unico, nel bene e nel male, una passione infinita e trasversale che consente, ad un imprenditore capace come lui di avere bilanci floridi e business interessanti.

Insomma, si potrebbe concludere, sempre mutuando Merola: “Presidè addenocchiate e vasace sti mmane”. Claudio Botti

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