No, Napoli non è affatto una città di merda, è una città con mille problemi (come tante altre)

Scrivo saccheggiando due miei interventi apparsi su Repubblica qualche tempo fa. Lo faccio, a costo di ripetermi, perché il titolo dell’articolo di Ilaria Puglia ha avuto su di me l’effetto di un “cazzotto”. “Napoli città di merda”. No. Pur condividendo parte della sua analisi, questo titolo lo considero irricevibile. Napoli non è una città di merda. Napoli […]

Scrivo saccheggiando due miei interventi apparsi su Repubblica qualche tempo fa. Lo faccio, a costo di ripetermi, perché il titolo dell’articolo di Ilaria Puglia ha avuto su di me l’effetto di un “cazzotto”. “Napoli città di merda”. No. Pur condividendo parte della sua analisi, questo titolo lo considero irricevibile. Napoli non è una città di merda. Napoli è una città in difficoltà. Con mille problemi. Molti dei quali sono presenti in tutte le grandi città. Londra, Parigi, Praga, Mosca, Amburgo…. In ognuna delle quali si manifestano in forme particolari, legate alla specificità del luogo. Ma lo sapete che stando alle ultime statistiche la città italiana dove è più probabile essere aggrediti è Roma? Che pure è tra le più belle, se non la più bella città al mondo. Ma torniamo a Napoli.

Capisco bene la reazione di Ilaria Puglia. L’episodio che le è capitato è frequente quanto intollerabile qui da noi. E la sua reazione è quella di chiunque subisce un sopruso. Non parliamo (fortunatamente) di un episodio cruento. Ma l’evento ha un valore simbolico straordinario. Appare come una sfida alla società di “un’altra società”. Un gesto in cui la sproporzione tra clamore e rischi da un lato, e ricavi dall’altro, è evidente. L’organizzazione della nostra società si fonda sulla facilità delle comunicazioni, sulla semplicità di rapporti, sulla libertà di azione. E da ciò vengono esaltate la creatività individuale, la possibilità di sperimentare forme innovative di convivenza. Su ciò si fondano le forme della solidarietà.

Come si può mai conciliare tutto questo con i rischi connessi alla vita quotidiana: scippi, rapine e quant’altro? Non vi sono più luoghi né orari nei quali il cittadino si senta sicuro. Non vi è più età o sesso che metta al riparo da violenze talvolta anche gratuite. Non vi è più un’attività potenzialmente non a rischio di estorsione. Si fonde quindi il tentativo di assumere il controllo del territorio da parte della criminalità organizzata (sarei tentato di dire quella di qualità!) con le vessazioni derivanti dalla infinità di microcomportamenti violenti. La profondità e la complessità del problema, che vede presenti il grande tema dell’occupazione accanto a quello della concezione culturale dei rapporti tra gli individui, richiede, prima che provvedimenti straordinari, un atteggiamento straordinario.

Le istituzioni, le forze politiche e le forze sociali devono decretare su tale argomento una sorta di tregua pluriennale che consenta un lavoro comune. Questa non è retorica. Ė una strada ardua ma a mio avviso l’unica percorribile. Almeno se si vuole affrontare la questione in una dimensione strategica. Come si fa a spezzare la catena di azioni illegali che partono dal vandalismo demenziale, passano per lo scippo del cellulare ed arrivano all’omicidio efferato? Non c’è alcun dubbio che la democrazia si alimenta anche garantendo la sicurezza. Quindi occorre un’azione decisa delle forze dell’ordine per mostrare che esse controllano, in nome dello Stato, il territorio. E che non ci sono altri controllori del territorio.

Questo però non basta. Non ci illudiamo di poter guadagnare livelli di convivenza civile accettabile blindando la città. Una città blindata, con controlli asfissianti e fastidiosi, avrebbe l’effetto di spingere il cittadino al rifugio nel privato, abbandonando le passeggiate, i cinema, i luoghi pubblici. Una città viva e piena di gente – in particolare di giovani – è una città più sicura. Quello che occorre è un lavoro in profondità. Uno sforzo collettivo che produca il risultato di restituire la fiducia ai cittadini senza ridurre le libertà individuali. Consentire gli scambi di idee, valori, esperienze, contatti senza rinunciare a parti significative di libertà.

Come si fa? Che strada seguire? Ci risiamo, occorre un atteggiamento straordinario che coinvolga tutte le istituzioni e i singoli cittadini. Nella convinzione che la cultura della legalità o è un investimento collettivo, perseguito giorno per giorno nei comportamenti minuti, o non è nulla. Come ho già avuto modo di dire, è indispensabile un lavoro educativo che parta dalle scuole elementari, un lavoro di recupero dei valori che innanzitutto cancelli l’abitudine a guardare con accomodante paternalismo la marea di comportamenti illegali che caratterizzano la vita quotidiana di tutti noi. Che è poi il brodo di coltura dove crescono gli aspiranti delinquenti.

Dobbiamo fare i soliti esempi? E facciamoli pure. Non si parcheggia in seconda fila, non si guida senza casco, non si soddisfano i bisogni fisiologici dove capita. Ė ovvio che da un lato occorre punire, dall’altro pensare ai parcheggi, aumentare i servizi pubblici a disposizione di chi va in giro per la città. E che il mondo della formazione – dall’asilo all’Università – recuperi la coscienza della centralità del suo ruolo nella costruzione delle coscienze civili. Non dimentichiamo mai il vecchio motto “datemi la gioventù di un uomo e tenetevi tutto il resto”. Intendiamoci bene, è facile parlare di cambiamenti.

Non è difficile riformare una procedura, un apparato o un’organizzazione. Quello che è veramente arduo è rendere irreversibili i cambiamenti!

Nel frattempo serve un presidio quotidiano che eviti passi indietro. Il processo sarà pienamente compiuto quando i vantaggi del rinnovamento potranno essere percepiti concretamente. Solo allora sarà irreversibile.

Ovviamente il cambiamento non è un valore in sé. Ė fin troppo banale osservare che si può cambiare in peggio. Né il cambiamento porta un guadagno individuale per tutti indistintamente. Sia anche chiaro che è fin troppo facile scrivere e dichiarare che lo Stato e le istituzioni locali devono affrontare il problema. A mio avviso tutti i cittadini devono fare la loro parte. Non è affidandosi alle virtù taumaturgiche della politica che si fa crescere la coscienza civile. Nei tempi migliori a fianco della politica lavoravano la scuola, le parrocchie, le associazioni sportive, i centri culturali, la famiglia.

Tutti sono chiamati a combattere questa battaglia. Che non è di una parte contro un’altra. Bensì di un corpo intero che deve respingere un tumore. Ė perciò che è necessario un atteggiamento straordinario.

Non voglio fare una noiosa difesa d’ufficio dei pregi di Napoli. Non posso, però, non ricordare che a Napoli sono presenti straordinarie energie vitali. In tantissimi lavorano sodo, in silenzio, giorno per giorno producendo, in alcuni casi, eccellenze assolute. Certamente i tanti studiosi stranieri che ogni giorno frequentano biblioteche e laboratori delle nostre cinque Università e dei numerosi centri di ricerca non considerano Napoli uno “una città di merda”.

D’altro canto mi è sembrato di percepire che le parole di Ilaria Puglia non sono improperie. Ma parole dettate dalla rabbia dell’innamorata delusa. Di chi crede che Napoli ha nella parte migliore (e molto estesa ) della sua gente la forza di uscire da un momento di grande difficoltà. Sapendo che se Napoli non ce la facesse trascinerebbe con se l’intero mezzogiorno. E quindi l’intero Paese.
di Guido Trombetti

Correlate
il linguaggio del calcio

E se avesse ragione Gianni Mura? Al Napoli manca ancora qualcosa ma il campionato è lungo

di - Mi viene un sospetto. Devo fare autocritica. Forse Gianni Mura aveva ragione. Se il Napoli avesse un problema di maturità? Inutile negare la realtà. Dal settantesimo minuto della partita con l’Inter al novantesimo di quella con il Bologna il Napoli ha imbarcato acqua. È diventato irriconoscibile rispetto al perfetto meccanismo che avevamo ammirato in tante […]

A Sarri il merito di aver cambiato idea e di aver migliorato la difesa del Napoli. Gli resta la prova più ardua: la continuità

di - Se c’è una cosa complicata da fare è migliorare una buona squadra. Forse addirittura più complicato che farne una da zero. In questo è a mio avviso la grande difficoltà del compito che attende Maurizio Sarri. I giudizi sul Napoli sono abbastanza uniformi. Oscillano dalla buona squadra alla squadra forte. (Qualcuno, pensando soltanto all’attacco atomico, […]

Sarri

Questo Sarri mi diventa ogni giorno più simpatico

di - Questo Sarri, allenatore con la faccia da impiegato statale, mi diventa ogni giorno più simpatico. Prescindendo dalle sue doti di tecnico dà l’impressione di essere un uomo serio. Un uomo convinto che i risultati si conseguano lavorando. Sudando sul campo. E non rilasciando interviste o facendo proclami. Molto attento nel curare i rapporti personali con […]

Sarri è un’incognita ma l’annata del Napoli dipenderà soprattutto dal comportamento della società

di - Francamente non ci credo. Un uomo con il look di De Laurentis non si rifugia in modelli provinciali. Uno con la sua visione del mondo non si affida a disegni riduttivi. Minimalisti. Quella che noi vediamo è soltanto la punta dell’iceberg. Vediamo quel che appare e non quello che è. La verità probabilmente è un’altra e noi […]

de laurentiis scudetto

Non è che De Laurentiis ha preso tempo per cercare un acquirente?

di - Francamente non mi preoccupo più di tanto dell’empolizzazione del Napoli. Anche se non me ne nascondo i rischi. Ad esempio il rendimento di Sarri alle prese con una grande piazza è una incognita. Così come la sua capacità di gestire giocatori di caratura internazionale (ammesso che questi ultimi restino a Napoli). Però il tecnico è persona […]

Confesso, sono in confusione. Fino a ieri De Laurentiis parlava di progetto europeo e ora prende Sarri

di - La svolta delle ultime ore, se definitivamente confermata, ci disorienta. Grosseto, Alessandria, Sorrento e poi Empoli. Collezionando in carriera un bel po’ di esoneri. Questo il cursus honorum dal 2010 ad oggi di Maurizio Sarri. Certamente non è un pedigree da suscitare grandi emozioni. Se poi aggiungi che non è un giovanissimo avendo già compiuto […]

Dopo il 1799, Napoli si è arroccata e ha scritto solo della cultura del vicolo. Ovvio che oggi ha paura dell’internazionalizzazione

di - Il tema dell’internazionalizzazione è molto attuale. Nell’Università. Nelle aziende. Adesso anche nel mondo del calcio. Dove è il tema del giorno. Sui siti. Sui quotidiani. Nei talk show. Almeno a seguire le diatribe tra “rafaeliti” e “antirafaeliti”. I primi, in particolare, non potendo ostendere risultati si arroccano nella funzione internazionalizzatrice del tecnico spagnolo. Se è […]

Sivori e Altafini

Con Pesaola se n’è irrimediabilmente andato il calcio della mia gioventù

di - Adesso che il Petisso non c’è più è irrimediabilmente vero. Il calcio della mia gioventù se ne è andato. Quello romantico. Divertente. Scanzonato. Fatto di molte astuzie. Tanta tecnica. Pochi allenamenti. Fatto di molta classe e pochi moduli. Di mille sorrisi. Di giocatori incontrati nei bar del Vomero. Di notti insonni avvolte dal fumo delle […]

I fischi a Higuain? Siamo alla sindrome dell’amante tradito

di - La misura della delusione dei tifosi napoletani è tutta lì. Nei fischi riservati ad Higuain al suo ingresso in campo contro il Cesena. Si può fischiare un giocatore che viene considerato tra i più forti attaccanti al mondo? Evidentemente sì, visto che ciò è accaduto. I fischi vengono dalla pancia e non dal cervello. E […]

Di chi è la colpa della sconfitta del Napoli? Di chi? Chiedetelo a Pirandello

di - Il calcio lo si può guardare da tanti punti di vista. Interpretare ricorrendo a differenti filosofie. Senza poi alla fine che nessuno sappia dire quale è la via giusta per comprendere. Tante verità a seconda delle angolazioni. Torna Pirandello. Così è se vi pare. Così accade anche per l’eliminazione del Napoli ad opera del Dnipro. Intanto […]

Tanto di cappello al self control di Hamsik di fronte al disastro arbitrale di Napoli-Dnipro

di - In una serata di amarezza e rabbia una luce. L’intervista ad Hamsik su Premium Calcio. Alla domanda relativa alla scandalosa svista dei sei arbitri in campo ha risposto imperturbabile (più o meno) “che cosa ci vuoi fare mica lo possiamo più annullare quel goal. Pensiamo alla prossima partita”. Tanto di cappello a un signor capitano. […]