Quel condono mancato che ci ha negato la festa

Di quell’emozione incredibile mi resta un solo, enorme rammarico: il condono mancato, quello che gli avrebbe permesso di tornare a Napoli, oggi, con tutti gli onori. Era il settembre del 2002. Arrivati a Fiuggi, chiedemmo in giro come raggiungere il Palazzo delle Fonti, hotel che ospitava Diego: “Siete qui per Maradona, vero?” fu la risposta […]

Di quell’emozione incredibile mi resta un solo, enorme rammarico: il condono mancato, quello che gli avrebbe permesso di tornare a Napoli, oggi, con tutti gli onori. Era il settembre del 2002. Arrivati a Fiuggi, chiedemmo in giro come raggiungere il Palazzo delle Fonti, hotel che ospitava Diego: “Siete qui per Maradona, vero?” fu la risposta accompagnata da un sorriso. La tranquilla cittadina delle terme era stata travolta da un’insolita attenzione mediatica.  A quel settembre di otto anni fa associo, in automatico, carabinieri, vigili urbani e vigilanza privata a blindare l’albergo. Almeno cinque “filtri” prima di arrivare nella hall. Grazie alla presenza dell’avvocato Vincenzo Siniscalchi, riuscimmo a superare rapidamente i tanti “posti di blocco”. Pochissimi e selezionatissimi, attendevamo che arrivasse il mito, il campione, la leggenda. Ma il n. 10 era a giocare a golf. Dopo alcune ore di attesa, ed un pranzo offerto da Guillermo Coppola, all’epoca manager di Diego, eccolo: un Pibe forse in sovrappeso ma sempre de Oro. Accade un miracolo: le persone presenti si moltiplicano, forse sbucati dalle bocchette dell’aria condizionata, dalle finestre, da sotto alle mattonelle. E’ subito ressa intorno a Maradona: chi vuole l’autografo, chi desidera consegnargli la medaglia-ricordo, chi tenta di essergli fotografato accanto (tra questi ultimi, anche il sottoscritto), oltre alle decine di giornalisti e telecamere. E il servizio d’ordine? La polizia, i carabinieri, i vigili? Insomma, una vita assurda: gli basta mettere il naso fuori alla porta della stanza e si trova circondato da centinaia di tifosi che eludono qualsiasi controllo. Vita da vip, mi rendo conto. Ma non deve essere facile mantenere serenità ed equilibrio, in quelle condizioni. Infatti non riuscii a spiegargli l’ipotesi del condono: con 3 milioni e 300 mila euro avrebbe chiuso la partita col fisco italiano. Provai a farlo col manager Coppola, durante un veloce spostamento in auto fino al campo da golf. In macchina c’era un testimone d’eccezione, Ciccio Marolda del Mattino, che mantenne la parola e nulla rivelò. La sola idea del condono, infatti, avrebbe indebolito la linea difensiva. Non convinsi Guillermo: “Proseguite con la causa, Diego ha ragione”. Del ricorso non parlerò, si è già detto troppo e dallo scarso successo di vendite del libro “L’oro del Pibe”, scritto a quattro mani col giornalista Luca Maurelli, ho capito che di questi argomenti tecnici, “pallosi”, nessuno vuol sentir parlare. Ma si può partecipare alla festa per un cinquantesimo compleanno senza regalo? Secondo me, no. Per questo non riesco a celebrare la festa di Diego Armando Maradona con la gioia che il personaggio meriterebbe. Avrei voluto regalargli il certificato di “contribuente in regola con il pagamento delle imposte” e non ci sono riuscito. Come tutti gli avvocati e i commercialisti sanno, i ricorsi, le cause, si vincono e si perdono. Ma il mancato accoglimento dei ricorsi in nome del Pibe de Oro è stata la più grande delusione professionale della mia vita. Chiesi pure udienza a Silvio Berlusconi (sì, anche tanti anni fa era lui il premier) per una transazione; mi rispose Gianni Letta (da sempre al fianco del presidente), fui ricevuto due volte a Palazzo Chigi ma… il lieto fine non c’è stato. Buon compleanno, Diego. La Corte di Cassazione ha deciso che sei un evasore fiscale e quindi devi pagare più di 37 milioni di euro, che aumentano ogni giorno di 3.068. Anche se serve a poco, sappi che per me sei innocente. E scusa se non ti ho fatto il regalo.

Giuseppe Pedersoli

L’autore, commercialista, ha assistito Maradona nel contenzioso col fisco italiano.

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