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Il grande alibi chiamato arbitro

Il grande alibi chiamato arbitro

I fattori esterni sono spesso tirati in ballo per giustificare i nostri fallimenti, i nostri insuccessi. Ci alleviano dal senso di impotenza, ci consentono di giustificare le nostre mancanze e ci illudono di sminuire le nostre responsabilità di fronte alle sconfitte della vita. Questo approccio dà vita a quella che è chiamata “cultura dell’alibi”, che non è una cosa prettamente calcistica ma che permea buona parte della nostra esistenza, della nostra quotidianità familiare e della nostra carriera lavorativa. È un approccio in verità abbastanza infantile (della serie “non è colpa mia, non sono stato io…”), anche perché delle persone mature dovrebbero rifiutare la logica dell’alibi, a meno che effettivamente le responsabilità totali di un fallimento non risiedessero in altri.

Il calcio, e in particolar modo il calcio italiano, non si astiene da quest’abitudine e troppo spesso la causa di una sconfitta è identificata con almeno un “fattore esterno”. Il fattore esterno è il pubblico ostile, l’ambiente sfavorevole, la tradizione, il tempo atmosferico, il campo avverso, la casualità (quante volte si dice “la lotteria dei rigori” dimenticando che segnare un rigore non è casuale ma è frutto di un preciso gesto tecnico), la sfortuna (i pali delimitano la porta ma la palla va buttata all’interno, se no paradossalmente si è stati imprecisi), ma più spesso ha il nome dell’arbitro.

Il popolo italiano ha una discreta allergia per coloro che sono stati designati a far rispettare le regole. Se poi ci mettiamo che talvolta proprio loro si fanno beccare con le mani nella marmellata… In ogni caso la concentrazione di protagonisti, addetti ai lavori, media, tifosi sulla classe arbitrale è eccessiva, anche perché non c’è una sola squadra di calcio italiana, di qualsiasi serie, che prima o poi non si sia ritenuta “danneggiata” dagli arbitraggi. A tale scopo cito un bellissimo scritto che si trova sul web e che si intitola “La figura dell’arbitro nella storia italiana” di John Foot.

http://blog.futbologia.org/2012/09/la-figura-dellarbitro-nella-storia-italiana-di-john-foot-prima-parte/

http://blog.futbologia.org/2012/09/la-figura-dellarbitro-nella-storia-italiana-di-john-foot-seconda-parte/

Spesso si giudica su pochi singoli episodi, coltivando il mito che “il calcio è fatto proprio di episodi”. In realtà il calcio è fatto “anche di episodi”, ma ciò che porta al risultato finale, in special modo in campionati di trentotto giornate, è ben altro. La bontà della rosa dei giocatori, la loro forma fisica, le scelte dell’allenatore, la concentrazione costante, la continuità, la determinazione. Tutti fattori che onestamente neanche noi stessi vediamo a volte nelle squadre che amiamo, ma che vengono sistematicamente dimenticati e sostituiti dalla logica “degli episodi”, che comunque hanno un peso, ma alla lunga molto più leggero dei fattori sopra citati. Nella logica del tifo e della passione poi stentiamo a riconoscere la qualità di altre squadre, limitandoci a pensare che le vittorie altrui siano immeritate, se non “organizzate scientificamente” dall’alto.

L’uso dell’arbitro e dei suoi errori (perché di errori si tratta) spesso è funzionale alle strategie comunicative delle società. Quest’anno lo ha fatto molto bene la Roma che ha nascosto dietro alcuni presunti errori arbitrali i suoi momenti di crisi. Altri lo hanno fatto e lo faranno ancora. Anche De Laurentiis è stato abilissimo, sfruttando la serataccia di Tagliavento e riuscendo magicamente, con un semplice tweet, a ricompattare quasi totalmente una tifoseria abbastanza spaccata. Il presidente del Napoli ha per ora allontanato molte delle contestazioni a suo carico da parte di molti tifosi spostandole sulla classe arbitrale, ed altrettanto ha fatto Benitez con la riuscitissima frase “ci puo’ stare…”. I tifosi del Napoli ora sanno che presidente ed allenatore la pensano come loro.

A parte le decisioni arbitrali contestate, nel tentativo di assolvere i propri beniamini a tutti i costi, a molti tifosi prima o poi è capitato di accusare dei singoli fattori o dei singoli episodi (un gol sbagliato, una sola sconfitta inattesa, un palo, un rigore tirato male, le condizioni del terreno, l’infortunio anche di un solo calciatore) come responsabili di un’intera stagione finita male. Trovare un singolo evento sfortunato come scusante ad una sconfitta ci tranquillizza. Ci forza a pensare che non ci fosse niente da fare, noi più di così non potevamo.

Scavo nella memoria e faccio alcuni esempi di episodi o fattori ricordati come decisivi dai tifosi del Napoli.

Campionato 1974-75. E’ ricordato da tutti per il gol di “core ‘ngrato Altafini”. Tutti ricordano quel Napoli scintillante e la bruciante sconfitta con la Juve a Torino per il gol dell’ex napoletano nel finale. Non tutti ricordano che quel Napoli era straordinario al San Paolo ma incapace di vincere in trasferta (unica vittoria a Varese all’ultima giornata). Un Napoli mai stato in testa durante l’intero torneo e distanziato dalla vetta anche 5 punti. Tante occasioni perse con pareggi fuori casa soprattutto quando la Juve perdeva colpi. Però nella testa resta che “se non era per Altafini…”

Campionato 1980-81. A 5 giornate dalla fine il Napoli in testa con Juve e Roma a 35 punti aveva il calendario più favorevole. Perugia e Fiorentina in casa, poi Como in trasferta, scontro diretto con la Juve in casa e ultima ad Udine. Come tutti ricordano Moreno Ferrario buttò nella propria porta il pallone della sconfitta contro i quasi retrocessi umbri dopo appena quaranta secondi (c’è da dire che l’intervento fu assai maldestro, anche se in realtà alle sue spalle stava arrivando un perugino, credo De Rosa, liberissimo). Incapaci di rimontare tra Malizia, pali e goffi interventi sotto la porta avversaria, il Napoli subì una sconfitta impensabile. In più incassò il colpo molto male, perdendo un altro punto in casa con la Fiorentina nella gara successiva. Però, per una serie di risultati favorevoli, due partite dopo si ritrovò di nuovo in corsa a 2 punti dalla Juve giusto prima dello scontro diretto al San Paolo. Ma il Napoli si era di fatto già squagliato, e perse la sua insperata seconda occasione. Tre miseri punti in 5 partite lo portarono ad un terzo posto finale molto ben accolto in città ma ricordato con “se non era per Ferrario…”

Campionato 1987-88. Inutile ricordare la cronaca delle ultime giornate di un campionato che il Napoli aveva fino a quel momento dominato. I fatti dicono che la stanchezza dovuta alla feroce preparazione pre-campionato in attesa del Real Madrid e le tensioni interne di una squadra che si sentiva imbattibile, con giocatori che pensavano di fare di testa propria affossarono il Napoli in vista del traguardo. L’alibi del tifoso è diviso a metà: una parte è certa che la camorra decise quella sconfitta e l’altra metà che Ferlaino avesse stretto irriferibili accordi con Berlusconi per affari nell’edilizia. Nel primo caso, a parte che in tutti questi anni non sono mai state prodotte prove, la camorra avrebbe pagato meno per una vittoria del Napoli (quotato al clandestino pochissimo in quanto netto favorito) benché con grossi volumi, che con la vittoria del Milan, outsider all’inizio del torneo. Nel secondo caso il destino del Napoli e di Ferlaino negli anni successivi dimostrarono che si trattava di illazioni. Ad ogni modo, dopo la sconfitta al San Paolo con sorpasso del Milan, sarebbe bastato vincere a Firenze la domenica successiva per riprendere i rossoneri. Però quel Napoli si era auto-distrutto, ancora una volta sciolto nel nulla, come in altri campionati, proprio alla fine. Di fatto, però, molti tifosi lo ricordano come “lo scudetto deciso dalla camorra…”.

Fin qui il Napoli. Però diciamo che anche altrove ricordano dei singoli episodi come decisivi per le sorti di un’intera stagione. La pioggia del Renato Curi per gli juventini, il gol annullato a Turone per i romanisti, ed a Milano (sponda rossonera) ricordano il nostro scudetto del 1989-90 come quello della monetina di Alemao, dimenticando che alla fine il vantaggio sarebbe stato sufficiente a vincere anche senza, tralasciando. Naturalmente i milanisti neanche menzionano la disfatta di Verona né il gol-non-gol di Marronaro… E tanto per non farci mancare nulla, i mondiali di Corea-Giappone sono ricordati in Italia per lo scandalo di Moreno, dimenticando nel frattempo i gol decisivi sbagliati ad un metro dalla porta ed i pasticci difensivi uniti all’atteggiamento timido ed a un gioco farraginoso.

Come si vede l’alibi tranquillizza un po’ tutti, conviene ricordare il singolo episodio per non scavare nelle vere ragioni del fallimento di un obiettivo.
Roberto Liberale

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