La Formula 1 è una colonia britannica: i piloti inglesi dominano, e i team fanno tutti base lì (Telegraph)
Le squadre britanniche hanno vinto 35 dei 68 titoli, e 21 titoli da piloti, nove in più dei 12 della Germania di Vettel Schumacher e Rosberg

World champion and race third-placed McLaren's British driver Lando Norris reacts on the podium at the end of the Abu Dhabi Formula One Grand Prix at the Yas Marina Circuit in Abu Dhabi on December 7, 2025. Giuseppe CACACE / AFP
La Gran Bretagna sta alla Formula 1 come l’Italia e la Spagna stanno alla MotoGp. I piloti inglesi sono storicamente molto forti, se non a tratti dominanti. E il Telegraph si è chiesto come mai, nel tentativo più che altro di segnalare il fenomeno per questioni di orgoglio patrio.
Lando Norris è l’undicesimo campione del mondo britannico, il secondo più giovane dietro solo a Lewis Hamilton. La Gran Bretagna ha ora 21 titoli, nove in più dei 12 della Germania (suddivisi tra Sebastian Vettel, Michael Schumacher e Nico Rosberg) e 13 in più degli otto del Brasile (Emerson Fittipaldi, Ayrton Senna e Nelson Piquet). Con la vittoria della McLaren nel campionato costruttori, le squadre britanniche hanno ora vinto 35 dei 68 titoli a squadre possibili. 325 gare vinte con 21 piloti. Il secondo miglior risultato è della Germania con 179 con soli sette piloti. L’anno prossimo il numero di piloti britannici in F1 salirà a cinque con l’arrivo di Arvid Lindblad alla Racing Bulls. Si potrebbe sostenere che siano sei, ovvero più di un quarto della griglia, se si conta Alexander Albon, nato e cresciuto in Gran Bretagna e rappresentante della Thailandia.
E dunque: perché? Per il Telegraph “è una questione di storia, infrastrutture e competenza. Dopo il 1945 la Gran Bretagna aveva innumerevoli aeroporti che non erano più di uso militare. La loro configurazione era quasi perfetta per la creazione di circuiti automobilistici in uno sport che stava iniziando a prosperare. (…) Questo, unito alle notevoli conoscenze aeronautiche e ingegneristiche acquisite durante gli anni della guerra (Tony Rudd di BRM e Lotus prestò servizio nella RAF e conosceva molto bene i motori), rese le corse automobilistiche accessibili e ricche di conoscenze”.
Prima c’erano Giuseppe Farina, Juan Manuel Fangio e Alberto Ascari con Alfa Romeo, Ferrari, Maserati e Mercedes. Poi ecco il made in England. Nella stagione 1958 sei dei primi 10 piloti del campionato erano britannici. Mike Hawthorn (il primo campione britannico), Stirling Moss, Tony Brooks, Roy Salvadori e Peter Collins nei primi cinque. E così via.
“Decenni di storia e successi nel motorsport significano che ci sono numerosi campionati, serie, circuiti e team junior che aiutano i giovani piloti a mettere alla prova le proprie abilità e a progredire nella scala gerarchica, sia nelle monoposto che in altri formati. Il motorsport può essere una carriera, certo, ma può anche essere un hobby. Norris ha iniziato la sua carriera nel motorsport nel Ginetta Junior Championship nel 2014, prima di passare alle monoposto, trascorrendo gran parte della sua carriera juniores correndo nel Regno Unito. La prova dei vantaggi di vivere nel Regno Unito è che i talenti stranieri spesso si trasferiscono qui. Oscar Piastri è arrivato nel paese a 14 anni dall’Australia e ha imparato il mestiere qui. Il finlandese Kimi Raikkonen, campione del mondo 2007, ha gareggiato (e annientato gli avversari) nella Formula Renault per la Manor Motorsport.
Insomma, le opportunità sono innumerevoli. Così come i team: Lotus, Tyrrell, BRM, Brabham, Jordan (irlandese ma con sede nel Regno Unito), Cooper, Hesketh e March, eccetera eccetera. E se l’eccellenza riguarda i piloti e sempre meno i team è anche vero che “i team di F1 sono in realtà più che un po’ britannici. La Red Bull è austriaca ma ha sede a Milton Keynes; l’Alpine è francese e ha sede a Enstone; la Mercedes è tedesca ma ha sede a Brackley. In effetti, la maggior parte dei team di F1 ha una qualche presenza nella Motorsport Valley, un’area che comprende Buckinghamshire, Oxfordshire, Northamptonshire e Surrey. Entro un raggio di 80 km da Silverstone, solo la Ferrari non ha una struttura di alcun tipo. La Cadillac, che entrerà in F1 il prossimo anno, ha una base a Silverstone. La Racing Bulls ha spostato alcune attività più vicino alla scuderia gemella Red Bull a Milton Keynes, sebbene abbia ancora sede a Faenza, in Italia. L’Audi, subentrando alla Sauber con sede in Svizzera, ha aperto un centro tecnologico a Bicester”.
La Gran Bretagna è il centro del mondo per la F1, ed è “un circolo virtuoso”, conclude il Telegraph.










