Napoli-Juventus, Elmas favorito su Vergara. Verso la conferma di Neres e Lang

Conte dovrebbe dare continuità al 3-4-3 anche senza Lobotka. Di Marzio: "Sugli esterni i favoriti sono ancora Di Lorenzo e Olivera"

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Mg Bologna 09/11/2025 - campionato di calcio serie A / Bologna-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Entrambe incerottate, Napoli e Juve si affronteranno domenica sera allo stadio Maradona (calcio d’inizio ore 20:45) nella gara valida per la 14esima giornata di Serie A. Quando mancano poco più di 48 ore alla sfida, il giornalista di Sky Sport Gianluca Di Marzio ha rilasciato un aggiornamento per quanto riguarda le possibili scelte di Antonio Conte.

Napoli-Juve, le ultime sulla formazione azzurra

A quanto pare, dopo l’infortunio di Lobotka, il mister azzurro dovrebbe lanciare Eljif Elmas dal 1′, confermando il 3-4-3 delle ultime partite. Di seguito quanto si legge sul sito del noto giornalista sulla formazione titolare del Napoli contro la Juve.

“L’allenatore degli azzurri dovrebbe dare continuità al nuovo sistema di gioco, il 3-4-3. In porta ancora Milinkovic-Savic, protetto da Beukema, Rrahmani e Buongiorno. Sugli esterni i favoriti sono ancora Di Lorenzo e Olivera, mentre al fianco di McTominay in mezzo al campo il ballottaggio è tra Elmas e Vergara, con il primo favorito. Davanti fiducia ancora a Lang e Neres sugli esterni, con Hojlund riferimento centrale.

Napoli (3-4-3): Milinkovic-Savic; Beukema, Rrahmani, Buongiorno; Di Lorenzo, Elmas, McTominay, Olivera; Neres, Hojlund, Lang. Allenatore: Antonio Conte”.

Leggi anche: La prima volta di Conte e Spalletti avversari in Serie A, sfidano sé stessi e il loro passato (Gazzetta)

Spalletti sarà sommerso di applausi, lo stadio non sono i social

Ci sono varie categorie di tifosi ma due su tutte. Quelli che vanno allo stadio (attività a Napoli particolarmente faticosa, non è che prendi la metro viola ed è fatta, andata e ritorno) e quelli che non ci vanno. Quelli che non ci vanno, poi, distribuiscono le loro energie scrivendo sui social, girando video, chiamando radio e tv. Quelli che si sobbarcano la fatica, invece, rispettano la legge del campo. Allo stadio va ancora chi ha visto Giorgio Braglia. O Mocellin. I meno diversamente anziani possono ricordare Ignoffo, Toledo, Varricchio e via dicendo. Potrebbe scapparci perfino un Consonni. C’è chi ricorda quando la curva omaggiava con un fascio di rose gli ex o i calciatori che raggiungevano un record significativo di presenze. I tifosi da stadio domenica sera non avranno alcun dubbio. Una situazione che ci ricorda la descrizione che Elena Ferrante fa del momento in cui Lenù tradisce il marito con Nino Sarratore. Siamo andati a recuperarla.

«Ti sei decisa» gli sentii dire.
Sussultai, non mi chiesi decisa a cosa. Seppi solo che aveva ragione, mi ero decisa. Sfilai in fretta la camicia da notte, mi sdraiai accanto a lui malgrado il caldo.

Quando Spalletti spunterà dagli spogliatoi, sotto la tribuna centrale, emozionato e tremebondo, mormorerà la stessa frase di Nino Sarratore non appena capirà che lo stadio gli starà tributando quell’applauso che alle persone di campo partirà spontaneo. Come se non ci fosse mai stata alternativa. Lo stadio non sono i social. Non perdi sette ore della tua giornata, pagando l’impossibile ai garage, o rischiando che ti portino via l’automobile dai carri attrezzi (perché quando gioca il Napoli, la città si trasforma in Losanna) per fischiare chi ha contribuito a regalarti una delle gioie più intense della tua esistenza. Un dibattito surreale, come ha scritto Fabrizio d’Esposito.

Poi, va da sé, Spalletti ha commesso tanti errori. Parliamo del post-scudetto. Li ha commessi perché si è lasciato trascinare dall’euforia, da quell’effimera eccitazione dell’entusiasmo popolare che poi si trasforma in boomerang. Non conosceva, Luciano, la frase “Morto il re, viva il re”. Così come non sapeva che il muro contro il muro contro il padrone porta solo a una strada. Non aveva mai vinto. Non ha saputo gestire quella vittoria. Non seppe gestirla nessuno. Neanche De Laurentiis. Figuriamoci Giuntoli. Ma le emozioni restano. E soprattutto resta quello scudetto. Che se lo sia tatuato, poco importa, per noi dà solo la misura della condizione emotiva della persona.

Qualche anno fa, era il 2019, quando si giocò Napoli-Genk 4-0 e tutt’attorno sembrava una città che apparentemente non ne poteva più degli Ancelotti, al fischio finale il Maradona si alzò in piedi e riservò un applauso scrosciante a quel signore brizzolato che lasciava il campo. Sapevano che non lo avrebbero più rivisto su quella panchina. Lo stadio ha la sua legge. Vorremmo dire che è la legge dei competenti, di chi il calcio lo vive e lo ha vissuto. Ecco, lo abbiamo detto.

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