Paratici: «Le plusvalenze? Sentivo la vergogna di dover dire che non avevo fatto niente di male»
A Sky Sport: «Sono stato molto vicino al Milan, non mi chiedo se sia saltato per il mio passato. L'allenatore va supportato e sopportato, non discusso»

Db Torino 02/11/2019 - campionato di calcio serie A / Torino-Juventus / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Fabio Paratici
Sky Sport trasmette un’intervista a Fabio Paratici che dopo la squalifica è tornato a lavorare al Tottenham.
«Per il mio carattere quando ho affrontato questa situazione avevo vergogna nel difendermi perché dentro di me ho sempre sentito che non avevo fatto niente di male. Addirittura mi sentivo la vergogna di dover dire che non avevo fatto niente di male. È stata una vicenda molto lunga e va divisa la fase personale da quella di dirigente.
Hai l’opportunità di conoscere una vita che non conoscevi, per esempio ho potuto seguir ei miei figli giocare, mi sono rinfrescato la mente conoscendo meglio i settori giovanili. Nessuno ha mai spiegato che la Juventus, io e le persone coinvolte siamo stati condannati non per la valutazione distorta dei calciatori, ma per un principio contabile che non è mai stato utilizzato prima e neanche dopo. Questa è una differenza»
«Ci sono decine di criteri per cui le valutazioni dei calciatori cambiano, altrimenti non staremmo a parlare di mercato. Poi ci deve essere un range logico. Però alla fine si entra in una soggettività assoluta».
«All’inizio sono stato sorpreso del fatto che le persone che facevano il mio stesso lavoro, spesso commentavano senza sapere poco o nulla. Sono stati commenti gratuiti e fastidiosi»
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Sul patteggiamento
Paratici: «Dopo questa vicenda durata quattro anni e mezzo, la squalifica sportiva era già stata scontata e il procedimento penale era solo agli inizi. Per gli anni a venire non avremmo avuto nessuna certezza sia dal lato personale che da quello lavorativo si è deciso in maniera responsabile a fare una richiesta di patteggiamento per chiudere la vicenda».
In trattativa col Milan quest’estate, i motivi per cui non è andato in porto?
«Non lo so, siamo stati molto vicini, poi il matrimonio non si è concluso. Non sto qui a chiedermi il perché. Non sono diplomatico però è una grande verità: non posso stare a chiedermi il perché, se il passato ha influito sulle decisioni di un club».
Il tuo tempo al Tottenham
«Qui mi sento a casa perché loro mi hanno fatto sentire a casa. Sono arrivato a giugno 2021, a novembre è partita questa vicenda e quando sei in un posto dove ti conoscono da poco hai il timore che ti giudichino. Invece qui non mi hanno mai giudicato, non mi hanno mai fatto sentire in dubbio. Non c’è mai stato un momento in cui ho sentito “però forse Fabio”. Sono stato squalificato, ho dato le dimissioni, mi hanno voluto tenere come consulente e alla fine della squalifica ho ripreso il mio lavoro dalla posizione in cui ero».
Dicono che sei bravissimo a fare le trattative e a individuare il talento, ma avresti bisogno di un controllore per le spese
Paratici: «Ognuno ha le sue caratteristiche, io sicuramente sono una persona tecnica, però quando hai il ruolo di costruzione di una squadra devi cercare di fare il meglio possibile con il budget che ti dà un club. Non vado a bussare alle porte dei presidenti per chiedere altro. Io faccio questo lavoro da 22 anni, ho avuto solo 3 club e credo che meglio di chi lavora con te e dei tuoi proprietari non ti può giudicare nessuno, quindi credo che siano soddisfatti del mio lavoro».
20 titoli tra campionati e Coppe.
«Tutto quello che si vince si dimentica velocemente, tutto quello che non si vince ti rimane nella testa. Io ricordo molto di più le finali che non ho vinto con le mie squadre».
La scelta di un calciatore da dove parte?
«Costruire una squadra è molto difficile, individuare un calciatore bravo è molto più semplice. Unendo i vari tasselli perché funzioni insieme è molto difficile e molto più analitico. Devi avere molto più talento, è quasi un’arte, come uno chef che deve fare una grande cena»
L’apporto dell’allenatore quanto influisce?
«Tantissimo, penso che il rapporto direttore-allenatore sia fondamentale. Da direttore devi quasi annullare le tue idee calcistiche per sposare quelle dell’allenatore che hai».
Ti è capitato di dover convincere un allenatore
Paratici: «Ho sempre discusso molto con i miei allenatori di calcio e ho imparato moltissimo da loro. Quando vai a fare una discussione con un allenatore, devi essere veramente ferrato altrimenti ti distruggono calcisticamente. Il direttore sportivo devono supportarlo e sopportarlo in quello che lui pensa sia la cosa giusta da fare, non discuterlo».
In Italia si dà troppa importanza al ruolo del dirigente?
«Il ruolo del dirigente è fondamentale perché deve far sì che tutto funzioni bene e mettere, l’allenatore, i giocatori nella migliore condizione possibile per performare ad altro livello».
La Premier
«La premier è un’istituzione, un brand globale pazzesco pari all’Nba».
Si parla tanto su come si possa migliorare il prodotto del calcio italiano
«La prima cosa sono le infrastrutture. Bisogna migliorare gli stadi, i centri sportivi soprattuto. Sono le due cose assolutamente fondamentali da cui partite per capire cosa succede».
Perché Juventus non si è ancora risollevata
«Questa è una domanda che quando facevano ai miei tempi e i miei colleghi rispondevano, mi faceva arrabbiare perché facevo fatica io a capire il problema che ero dentro, come potevano loro giudicare? Io sono stato dentro e sono dentro anche al Tottenham e quando abbiamo i nostri problemi faccio fatica a risolverli. Ho vissuto questo club da consulente per due anni e quindi non ero qui ogni giorno e non sapevo come risolvere un problema che c’era dentro e non mi sono mai permesso di dire a un allenatore o a un direttore “potremmo fare così”. Hai diritto di parlare se sei dentro e lavori tutti i giorni».
La scelta di Spalletti?
«Posso dirti che sono molto legato a Tudor e mi dispiace moltissimo, si è meritato questa chances, ha fatto la sua esperienza e mi dispiace molto per la Juve e per lui. Luciano è un grandissimo allenatore e gli auguri tutti i successi».











