Bruno Giordano: «Maradona con le punizioni era un fenomeno, eppure ogni venerdì piazzava Garella in porta e per quaranta minuti»

Al Guerin Sportivo: «Oggi si fanno pochi tiri dalla distanza rispetto alle potenzialità dei giocatori, ma è questione di tattica»

Maradona e Giordano kvara

Napoli 05/07/2017 - cittadinanza onoraria a Diego Armando Maradona / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Diego Armando Maradona-Bruno Giordano

Il Guerin Sportivo intervista Bruno Giordano, 171 gol in carriera divisi fra Lazio, Napoli, Ascoli e Bologna su un argomento poco dibattuto in Serie A, i tiri dalla distanza

«Meno, rispetto alle potenzialità dei giocatori. Ma credo sia soprattutto una questione tattica».

È tattica o paura di sbagliare?

«È tattica, perché ora l’attaccante gioca spesso sullo scarico, esce dalla linea, appoggia la palla sull’esterno e poi va in area. Invece dovrebbe provare la conclusione da fuori».

C’è una fase della partita in cui diventa più necessario il tiro dalla distanza?

«Sì. Quando la difesa avversaria è ben schierata nella propria area, la conclusione da fuori può essere ancora più determinante. Se la palla passa fra tutti quei polpacci il portiere la vede solo all’ultimo istante, se tocca una gamba o uno scarpino il portiere è spiazzato, ma anche se non passa, se viene respinta, sulla seconda palla si può costruire un’occasione da gol. Un tiro da fuori genera tensione nella difesa avversaria, che non sa mai come reagire. Ogni tanto azzardare la conclusione può diventare un fattore che incide in una partita. Peraltro, credo che tutti i giocatori di Serie A abbiano le qualità per provarci. Poi, è chiaro, ci sono gli specialisti».

Chi erano ai suoi tempi?

«Faccio due nomi: Agostino Di Bartolomei e Giancarlo Antognoni. Se vedi le foto che li ritraggono al momento del tiro, noti una caratteristica identica: la coordinazione».

E poi?

«Ovviamente Gigi Riva, ma anche Chinaglia, anche Boninsegna. Per le generazioni successive faccio il nome di Batistuta, che spaccava le porte».

Quanto conta il fattore-sorpresa in questa specialità?

«Conta molto. Se un attaccante alterna il tiro all’appoggio, il suo marcatore non saprà mai come comportarsi. La sorpresa è fondamentale».

La sua bordata da fuori area era solo talento?

«No, era anche tanto allenamento. Ho cominciato con Luis Vinicio a perfezionarmi. Mi metteva lì, fuori area, arrivavano i calci d’angolo e io dovevo calciare al volo. Ho imparato tanto. Certo, era una mia dote, ma se sei bravo e non ti alleni non vai lontano. Maradona con le punizioni era un fenomeno, eppure ogni venerdì piazzava Garella in porta e per quaranta minuti, con la barriera di sagome, lo bombardava con una punizione dietro l’altra»

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