Di Livio: «Zidane era un alieno. Un giocoliere come Maradona. Si flagellava quando il suo rendimento non era all’altezza»
A Sportweek sulla nuova Juventus targata Spalletti: «La punta davanti a Koop deve essere Vlahovic, non si scappa»

Juventus' former Italian players Antonio Conte (L) and Angelo Di Livio (R) share a laugh during a football match in the "Together, a Black & White Show" event, the first Juventus party dedicated to all its fans, at the Pala Alpitour in Turin, on October 10, 2023. (Photo by MARCO BERTORELLO / AFP)
Sportweek intervista Angelo Di Livio ex Juventus che ha raccontato della sua Juve e di quella che potrebbe essere con Spalletti
Chi era, Zidane?
«Un alieno, ripeto. Gli ho visto fare delle cose che forse solo a Maradona, e non esagero. Era un giocoliere, un giocatore che ti incantava con le sue finte, con i movimenti delle gambe, di quelle caviglie che sembravano snodate. È stato un calciatore completo perché tutti lo giudicano un fuori classe per le sue doti tecniche, ma lui era anche un gregario perché correva, rincorreva e menava, menava tantissimo».
Un aneddoto sul francese?
«I primi mesi alla Juve – era il ’96 – ebbe notevoli difficoltà. Si sbloccò a ottobre, contro l’Inter, con un gol straordinario. Era uno che si incazzava con se stesso quando non gli riuscivano le cose. Noi compagni lo osservavamo nello spogliatoio, testa bassa, che brontolava: “Io non capisco perché non faccio le mie giocate, perché non mi riesce niente”. Questa autocritica mi sorprendeva parecchio, perché è un comportamento non usuale nel calcio. È più facile sentir dire: “Eh, io sono il migliore, sono sempre il migliore”. Invece lui si flagellava perché il suo rendimento non era all’altezza».
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Ha definito Lippi “un condottiero”: cosa lo rendeva speciale?
«È stato uno stratega perché aveva intuizioni che ad altri non appartenevano. Ti spiegava cosa potevamo aspettarci succedesse in campo, e ci forniva le contromisure per adattarci a ogni possibile contesto. Il bello è che poi davvero si verificavano le situazioni da lui previste. Dopo una sconfitta a Foggia, nel ’94, ci disse: “Da oggi cambiamo mentalità, andiamo all’attacco con tre punte”. Fu la svolta, perché da quel momento andammo a prendere gli avversari alti, li pressavamo, sfruttando le caratteristiche dei nostri attaccanti, che Lippi era stato bravo a intuire e valorizzare».
Come giocherà la Juve di Spalletti?
«Secondo me come caratteristiche è adatto al tipo di gioco che vorrà fare Spalletti. Io prevedo un 4-2-3-1 con Koop sottopunta, un po’ come giocava Perrotta nella Roma spallettiana, anche se a Cremona è partito addirittura come “braccetto” difensivo a sinistra, a riprova della sua duttilità. Al suo fianco, ma larghe, due ali come Yildiz a sinistra e Conceiçao a destra. Alle loro spalle, due mediani robusti come Locatelli e Thuram».
E la punta davanti a Koop?
«Vlahovic, non si scappa. David e Openda sono ancora indietro».











