Pastorello e la vita del procuratore oggi: «È più difficile. Se una trattativa non si concretizza, i giocatori cambiano agente»

Ad As: «Instaurare rapporti stretti con i giocatori è più complicato, spesso hanno familiari o amici vicini. Ancelotti stimava Lukaku ma il Real Madrid aveva già deciso di puntare su Mbappé»

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Gc Milano 29/01/2010 - Ata Hotel sede calciomercato / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: cartellone calciomercato

Federico Pastorello, uno degli agenti di calcio più rispettati d’Europa e agente di Lukaku e Meret, ha parlato ad As rivelando retroscena su un possibile trasferimento del belga e condividendo le sue opinioni sull’evoluzione del calcio moderno.

Pastorello si considera più un uomo di calcio o un uomo d’affari?

«Direi che mi definisco assolutamente un uomo di calcio. Mio nonno materno, ancora prima di mio padre, era presidente di una piccola società nella città dove sono nato, e poi mio padre ha avuto una carriera splendida tra Parma, Verona, Padova, Vicenza, Genoa e Lugano, con oltre 40 anni nel calcio. Non mi definisco quindi più uomo d’affari che uomo di calcio. Ovviamente il nostro lavoro ci ha resi anche uomini d’affari, perché gestire determinate carriere e atleti comporta aspetti finanziari e negoziali. Tutto ciò richiede competenze più da business che da calcio, quindi ci siamo dovuti adattare alle dinamiche attuali del calcio: per questo siamo manager e seguiamo sia l’aspetto sportivo sia quello economico dei nostri clienti.»

Parla di suo padre e si intuisce che il ruolo che ha avuto nel calcio ha influenzato anche la sua carriera. Come ha vissuto il calcio da giovane, prima di intraprendere questa professione?

«È sempre stata una questione familiare. Con mia madre e mio fratello seguivamo mio padre tutti i fine settimana, quando lavorava fuori città. Ricordo bene le stagioni a Padova, quando avevo 8-10 anni, o i periodi a Modena, bellissimi, avevo 14-15 anni. Poi il suo apice probabilmente è stato a Parma, dove ha avuto l’opportunità di trattare giocatori come Stoichkov, Zola, Cannavaro, Buffon, e tanti altri. Quando sono andato a seguire la trattativa per portare Fernando Couto dal Porto al Parma avevo 18 anni e ho accompagnato mio padre, ascoltando senza intervenire. Quando Couto arrivò a Parma, mi chiese aiuto per piccoli aspetti, come l’appartamento o problemi con auto sponsorizzate dal club, e da lì nacque la mia passione per questa attività, mentre stavo ancora finendo l’università. Purtroppo non ho terminato l’università, con grande dispiacere di mia madre che era insegnante, ma le cose sono comunque andate bene.»

Il giocatore oggi ha più potere… ha cambiato il modo di lavorare di Pastorello?

«Oggi è più difficile instaurare rapporti stretti con i giocatori, perché spesso hanno familiari o amici vicini. Se una trattativa non si concretizza, cambiano agente. Nei primi 20 anni ho perso 5 giocatori, nei successivi 9-10 anni ne ho persi 20, mentre ne ho guadagnati 30. Bisogna evolversi.»

Un suo cliente, Simone Inzaghi, ha firmato con l’Al Hilal. Perché tanti vanno in Arabia Saudita?

«La Saudi Pro League oggi offre sicurezza e investimenti in strutture, staff tecnico e medici. La passione e l’energia sono incredibili. Molti giocatori sono più disposti a trasferirsi lì rispetto ad altri club europei, senza necessariamente guadagnare quattro o cinque volte di più. Le città come Riad e Jeddah offrono alta qualità della vita.»

Pastorello portò Lukaku al Chelsea quando lo volevano altri grandi club… fu la scelta giusta?

«Con prospettiva, probabilmente no. Ma all’epoca fu giusta: Lukaku entrò nella lista del Pallone d’Oro e fu il trasferimento record della Serie A, e il Chelsea spese tantissimo per lui. Variabili umane e tecnico-ambientali hanno influenzato la sua stagione.»

Poteva andare al Real Madrid?

«Ci fu una possibilità. Ancelotti lo stimava, ma il club puntava già su Mbappé e non volle spendere per un prestito.»

Se Conte chiama Lukaku, lui va.

«Lukaku si trova bene in Italia, parla sei-sette lingue e apprezza la cultura. La presenza di Conte fu determinante nel riportarlo all’Inter, e i risultati hanno dato ragione alla scelta: Lukaku ha vinto il secondo scudetto da protagonista.»

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Ci sono somiglianze tra Lukaku-Conte e Bonny-Chivu?

«La storia di Bonny è diversa: fu più scelta del club che dell’allenatore, anche se oggi lavorano insieme e conosce le richieste tecniche.»

Cosa pensa Pastorello della polemica per i match di Serie A e LaLiga a Perth e Miami?

«Ai giocatori interessano anche le cifre e gli investimenti del club, ma aumentare il numero di partite è problematico. Giocano già 55-60 partite l’anno, ritmo sempre più alto, e crescono le lesioni gravi. Il corpo arriva a un limite e deve fermarsi.»

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