Nacho Russo onora il padre scomparso segnando: «Se non fossi andato a giocare mi avrebbe insultato» (Espn)
Suo padre è Miguel Ángel Russo, ex allenatore del Boca Juniors recentemente scomparso per cancro. Il tatuaggio “Tutto si cura con l’amore” accompagna il gol segnato in suo onore.

Poche ore dopo la scomparsa di Miguel Ángel Russo, suo figlio Nacho ha scelto il modo più bello per ricordarlo: scendere in campo e giocare a calcio. Nel match (finito 1-1) tra Tigre e Newell’s al Coloso Marcelo Bielsa di Rosario, la città dove l’ex allenatore aveva chiesto di spargere parte delle sue ceneri, il giovane attaccante ha regalato un’immagine commovente.
Nacho Russo ha segnato il gol del vantaggio per il Tigre poco dopo la morte del padre, ex calciatore e allenatore molto noto in Argentina: «Se non fossi andato a giocare mi avrebbe insultato», ha raccontato a Espn.
Oltre all’emozione per la rete, ha mostrato un tatuaggio con una frase che riassume l’eredità più profonda lasciata del padre: “Tutto si cura con l’amore”.
Russo parla di suo padre
Nacho Russo parla di suo padre, come riportato da Espn:
«Sono state settimane, mesi, giorni difficili. Ho deciso di giocare perché ne avevo bisogno per me stesso, e lui avrebbe voluto che giocassi. Oggi è un giorno per ricordarlo con un sorriso. E un bacio al cielo. Deve essere felice ovunque sia. È un momento difficile, ma ci sono momenti di felicità quando lo ricordo. Deve essere felice e sorridente».
È morto Miguel Angel Russo, allenatore del Boca Juniors
Miguel Ángel Russo, “il rappresentante del basso profilo“: così gli argentini de La Naciontitolano un pezzo dedicato all’allenatore del Boca Juniors, scomparso ieri sera all’età di 69 anni dopo una lunga lotta contro un cancro alla prostata.
“Era stato ricoverato qualche settimana fa, ma non si era mai allontanato dal calcio. Non voleva farlo, non poteva nemmeno pensarci. Continuare a stare dentro quel mondo è finito per diventare il suo motore esistenziale. Con più di mille partite allenate, 16 club, 8 Paesi in oltre 30 anni di carriera, Russo ha lasciato un’eredità nel mondo del calcio che sarà indelebile. Un profilo impossibile da imitare. Un uomo che ha capito perfettamente il mondo del pallone ed è diventato un esperto dei “codici del calcio”. Ha preferito il silenzio, la moderazione. Lontano dal rumore dei media, ha costruito la sua figura dentro e fuori dal campo, dal debutto con l’Estudiantes nel 1975, quando esordì con Carlos Bilardo. E non è mai cambiato: ha deciso di rimanere fermo sulle sue convinzioni e lo ha fatto fino ai suoi ultimi giorni di vita. L’Estudiantes è stata la sua casa per tutta la sua carriera da giocatore. Ma anche come allenatore; un amore che lo ha segnato per sempre. Un uomo dagli amori forti, intensi, appassionati: per questo ha lasciato, anni dopo, un’impronta profonda anche al Rosario Central e al Boca Juniors. Tutti si ricorderanno di lui come un tecnico ossessionato dai dettagli, che sa sfruttare le risorse e ha saputo adattarsi ad ogni squadra in cui è andato.
Era un giramondo. Ha gestito diversi club argentini, colombiani, messicani, è andato all’Al Nassr in Arabia e successivamente in Perù. Non si è mai preso una pausa perché ha sempre perseguito la gloria, ma ci è riuscito solo nel 2005 nella prima divisione del calcio argentino, con il Vélez Sarsfield vincendo il torneo di Clausura con un vantaggio di sei punti sulla seconda. Poco dopo, si è aperto uno dei capitoli più significativi della sua carriera, lo sbarco al Boca. Nel dicembre 2006 ha sostituito Ricardo La Volpe. Ha vinto la Coppa Libertadores nel 2007 grazie a una squadra spettacolare, che aveva Juan Román Riquelme, Martín Palermo, Rodrigo Palacio… Quest’avventura si è conclusa con la finale del Mondiale per club, quando ha perso 4-2 contro il Milan. E’ tornato nel club quest’anno, in mezzo alle emergenze e le difficoltà.”