Per il Wsj il Robert Redford sportivo d’antologia non è Il Migliore ma Gli spericolati: un omaggio al mondo dello sci

È diventato un modello per i film sportivi. L'atleta frainteso che mostra lampi di talento, subisce un’umiliazione, poi ha l'ultima occasione. Da Rocky a “Che botte se incontri gli orsi”: la formula è diventata un cliché.

Robert Redford

(FILES) US actor and director Robert Redford poses on May 22, 2013 as he arrives for the screening of the film "All is Lost" presented Out of Competition at the 66th edition of the Cannes Film Festival in Cannes. Cinema legend Robert Redford, a screen great both in front of and behind the camera whose career spanned six decades, died early on September 16, 2025, at his home in Utah, his publicist said. He was 89. (Photo by Valery HACHE / AFP)

Robert Redford è morto pochi giorni fa all’età di 89 anni, e insieme agli encomi per la sua vita arrivano i meritati elogi per la sua carriera cinematografica, in particolare per i grandi film. Butch Cassidy, La stangata, Tutti gli uomini del presidente e Gente comune (di cui era regista non interprete). Va però aggiunto un riconoscimento al contributo pionieristico di Redford in un genere importante, seppur irregolare: il film sportivo. Jason Gay ne scrive sul Wall Street Journal. Per lui, il miglior film sportivo interpretato da Redford non è “Il migliore” di Levinson, su un eroe del baseball; ma “Gli spericolati” pellicola del 1969 sullo sci e la discesa libera. Con Redford e Gene Hackman

Downhill Racer il miglior film di Redford

“Non mi riferisco a Redford nei panni del veterano Roy Hobbs nel film “Il migliore”. (…) “Il migliore” può catturare la mia attenzione mentre cambio canale, ma intendo qualcosa di diverso: Downhill Racer (che in Italia fu tradotto col titolo “Gli spericolati”). Chi l’ha visto, sa quanto fosse – e resti – un film sportivo rivoluzionario. Uscito nel 1969, un mese dopo Butch Cassidy, racconta la storia di David Chappellet, un fenomeno dello sci proveniente da Idaho Springs, Colorado, che cerca di farsi notare in un circuito dominato dagli europei. Il film era un progetto appassionato. (…) Chappellet fa sembrare un dolcevita elegante quanto lo smoking di 007, ma porta con sé il suo atteggiamento introverso come un vero e proprio outfit distintivo. È il tipo di enigma che può scendere con grazia agile un passo alpino, per poi riuscire a pronunciare solo cinque parole ai compagni di squadra a cena”.

Indagine sul mondo dello sci

“Il mondo dello sci non è mai apparso migliore, né prima né dopo. Raramente un film ha catturato così a fondo un’atmosfera. Redford era uno sciatore lui stesso. Downhill Racer evoca la solitudine della competizione così come le sue emozioni; il glamour ma anche i piccoli fastidi, come stanze minuscole e neve cattiva; affronta i rischi notevoli che spesso superano i benefici. L’azione sugli sci è vicina alla perfezione. Questo film è girato nella vera Europa, non nell’Europa generata al computer: neve reale in Svizzera, Austria e Francia. 

(…) Ho riguardato il film martedì sera. Tiene incredibilmente bene, a più di mezzo secolo di distanza: i colori, il suono (lo scatto degli scarponi, gli sci che fendono la neve) e tutte quelle discese a tutta velocità, girate a mano. Ritchie, che prese il posto di Roman Polanski nella fase di sviluppo del film, riempie le scene con personaggi di contorno: cronisti, giornalisti, pattuglie di sci, medici, cronometristi. Perfino l’orologio Omega ha il suo momento di gloria. La tecnologia sciistica è cambiata radicalmente, eppure il film difficilmente appare datato. L’ambizione è la stessa, naturalmente: arrivare primi al traguardo”.

Il contrario dei film di oggi senza pause e distrazioni

“A tratti, il film appare quasi documentaristico, e l’effetto calmante è sorprendente. Guardare un grande film nel 2025 significa essere assaliti dal rumore, probabilmente generato dalle stesse forze che programmano “intrattenimento” tra inning e quarti. Come se una pausa di un nanosecondo potesse far fuggire il pubblico in strada. Eppure ciò che davvero resta di Downhill Racer è l’arco del personaggio principale, che inaspettatamente è diventato un modello per i film sportivi successivi. Ne avete viste versioni infinite: un atleta frainteso arriva sulla scena, mostra lampi di talento, subisce un’umiliazione, poi ottiene un’ultima occasione per perseverare. È un filo conduttore presente in tutto, da Rocky a “Che botte se incontri gli orsi”. La formula è talmente sfruttata da essere diventata un cliché”.

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