Sinner, i pensieri negativi possono diventare ossessivi, guai a trasformarli in una palude (Repubblica)
Parla Durigon che lavorò con Tomba e insegna a Neuroscienze a Verona: «Alberto aveva più pressioni ma sapeva resettare. Sulle emozioni bisogna lavorare»

Kazakhstan's Alexander Bublikin reacts after the men's singles tennis match against Italy's Jannik Sinner at the Halle Open ATP tennis tournament in Halle, on June 19, 2025. (Photo by CARMEN JASPERSEN / AFP)
Sinner, guai a trasformare i cattivi pensieri in una palude (Repubblica)
Il potere di una sconfitta. Anzi due. Volendo, tre. Come se lìItalia non fosse abituata alle sconfitte di Sinner che al rientro ha perso due volte da Alcaraz (a Roma e soprattutto a Parigi in quella che qualcuno definisce maledetta finale) e poi in settimana da Bublik sull’erba di Halle. Si è aperto il dibattito.
Oggi Repubblica ne scrive con Massimo Calandri.
È tornato a casa, al termine di un lungo viaggio in auto con papà. Si è lasciato dietro Halle, e (forse) i fantasmi di una nuova sconfitta. Haus Sinner. L’albergo dei genitori, la quiete della montagna, le passeggiate, le partite a carte. Era già successo dopo la folle finale di Parigi. Gli farà bene? Tra pochi giorni lo aspetta l’erba di Wimbledon. E dovrà riaprire quella porta che si è appena chiuso alle spalle. Giovedì, durante il match perduto con Bublik, sono riaffiorati certi strani segnali: Jannik parlava con sé stesso, accennava una leggera zoppìa. Era successo anche a Melbourne a gennaio: ricordate la partita interrotta — i tremori, il pallore — e la fuga salvifica negli spogliatoi, prima di rimontare Rune?
Parla di Sinner l’uomo che lavorò con Tomba
Repubblica sente Valter Durigon che lavorò con Tomba e oggi insegna al Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona.
«Alberto Tomba credo avesse pressioni anche superiori a quelle di Sinner. Ma un carattere diverso: prendeva le cose alla leggera, tutto gli scivolava addosso. Jannik fa bene a resettare. Però le emozioni non si devono cancellare: bisogna lavorarci sopra». Valter Durigon a suo tempo ha lavorato col campione di sci bolognese, oggi insegna al Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona. «I pensieri negativi possono diventare ossessivi. Ristagnano, si trasformano in palude: più ti muovi, più affondi». Serve leggerezza. «Disintossicarsi. Guai a farsi rapire da elementi non controllabili, dove rischi di perderti. Meglio concentrarsi sugli aspetti tecnici: rivedere gli errori, essere più razionali». Potevo servire meglio, essere più efficace nella risposta, anticipare i colpi? Queste sono le domande. «Se invece torno sui certi pensieri, riapro quella porta che mi ero chiuso alle spalle».