Solo io ho notato la somiglianza tra Conte e quello zio che va alle comunioni solo per mangiare?

L'attesa per il verdetto del rigore è stata come quando aspetti di vedere com’è venuto il tuo balayage nocciola dopo tre ore di parrucchiere.

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Ni Napoli 25/01/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Juventus / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Fortunatamente è passata un’altra domenica tragicomica: tra pressing e camomilla alla melatonina.

Per qualcuno questa giornata è sinonimo di relax, brunch, gite fuori porta. Per altri, come me, legata indissolubilmente a un cuore azzurro, è diventata la Giornata Internazionale del Divano forzato, in compagnia non di un tifoso qualunque ma di una figura mitologica a metà tra Medusa, che crede di poter pietrificare con lo sguardo l’avversario e chiunque si permetta di proferire parola e Argos che con i suoi cento occhi guarda contemporaneamente due partite quella del Napoli quella dell’Inter, come se avesse il potere divino di teletrasportare lo scudetto con il suo sguardo alla Massimo Troisi “vieni …vieni…e che ti costa ? Vieni…”

Dal lato opposto io, convinta che il “ fuorigioco” fosse una nuova linea di moda. Intenta a notare la somiglianza tra Conte e quello zio che va alle comunioni solo per mangiare e a criticare Billing, che con quei capelli a panettone, che si ritrova, dovrebbe almeno fare più colpi di testa, visto il vantaggio aerodinamico che ha.

Nel frattempo, lui tra la cappa delle Wiston blu è rosso e sudato più di un centrocampista al 120°, urla, impreca, cambia posizione ogni tre minuti perché “porta bene” stare in piedi a sinistra del mobile tv col piede destro leggermente sollevato. La pressione? Altissima. Quella del sangue di lui, ma anche la mia, quella mentale, che ho passato 90 minuti a misurargliela con lo stetoscopio nelle orecchie, la pompetta in una mano e l’altra mano intenta a preparare tazze di camomilla alla melatonina.

Peccato che lui, scaramantico come un pescatore di Procida, accetti solo il caffè. L’unico gesto tenero che mi ha concesso durante la partita è stato quello di dirmi “guardami e tienimi la mano, porta sfiga quando attacca l’Inter”.

Poi è arrivato quel momento, quello fatidico, in cui abbiamo atteso il verdetto del rigore. Un silenzio tombale in casa, nel quartiere, nella città, come se tutti stessero trattenendo il fiato. Io l’ho paragonato solo a una cosa: quando aspetti di vedere com’è venuto il tuo balayage nocciola dopo tre ore di parrucchiere. Stesso livello di tensione. Stesso rischio di tragedia.

La serata si è conclusa con un nulla di fatto: scudetto ancora in bilico. Lui frustrato, io confusa. “Ma perché hanno pareggiato tutti e due? Non poteva finire ’sta storia?”. Ma la matematica non è mai stata il mio forte: ancora non ho capito chi deve fare cosa … so solo che ho rischiato di mandare all’aria la cena romantica organizzata per il mio onomastico, confondendo differenza reti, punti e biscotti (quelli che continua a divorare dal nervosismo ad ogni partita).

Per fortuna, a salvarmi dall’ennesima festa saltata a causa di una serata calcistica è intervenuto De Laurentiis in persona (ok, in realtà solo su Sky Sport, ma il suo outfit ha avuto lo stesso effetto di un messaggio celestiale): la partita decisiva sarà venerdì sera.

Sono già corsa in farmacia. Ho comprato delle gocce di “Tranquillit”, da mettere di nascosto nel caffè. Alla fine, chi è il vero allenatore in casa secondo voi?

Io naturalmente che in ogni caso ho già prenotato un week-end in un resort. Con massaggio rilassante, silenzio, e nessun replay. Che dire: “Forza Napoli sempre e comunque”.

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