Rublev, il racconto del tennis “folle”: «Se provo a stare calmo mi blocco, il corpo non risponde»

A L'Equipe: "Sono sempre sulle montagne russe. A Indian Wells ho cercato di controllare troppo le mie emozioni e ho perso il fuoco interiore"

Rublev

Non c’è un giocatore tra i top 20 meno fragile mentalmente di Andrey Rublev. Il tennista russo è notoriamente ipersensibile, in campo è sempre in lotta con se stesso. Spesso perde il lume della ragione. Intervistato da L’Equipe parla di questa sua continua, faticosissima, ricerca introspettiva d’un equilibrio. Spiega molto di quanto il tennis sia mentalmente usurante. Arriva da un tour americano disastroso.

La parole di Rublev

“A Indian Wells ho cercato di controllare troppo le mie emozioni e infatti sono stato piatto per tutta la partita. Senza energia, senza il minimo fuoco interiore; non poteva funzionare, e poi Lehecka ha giocato una grande partita (6-4, 6-4). A Miami (sconfitta per 6-4, 6-4 contro Tomas Machac) è stata ancora un’altra cosa: sono crollato, non riuscivo assolutamente a trattenere i nervi; non riuscivo più nemmeno a mettere una palla in campo. Nel tentativo di essere calmo e motivato, ho perso completamente me stesso. Ero paralizzato. Il mio corpo non rispondeva più”.

Ora dice che va un po’ meglio, “ma l’allenamento è una cosa, la competizione è un’altra. Spesso ti apri alle emozioni estreme e alla sensazione di essere costantemente sulle montagne russe”.

Rublev dice anche che a livello dei migliori al mondo la differenza la fa proprio la testa. “Resto convinto che al livello in cui siamo tutti, tutti sanno fare un diritto, un rovescio, un servizio… Da lì in poi, sì, va avanti quello che più pronto mentalmente, il più calmo, il più capace di accettare ciò che accade nel momento T, lui finirà per vincere. Il livello c’è, è lo stesso, ma il risultato dipenderà da altro. I migliori sanno fare in modo che un brutto colpo li colpisca meno profondamente e per meno tempo degli altri”.

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