Le prese di posizione del calciatori nel conflitto arabo-israeliano stanno sfuggendo di mano ai club
Il calcio non riesce a essere neutrale, prima Benzema, poi Salah, si allunga la serie di calciatori, scrive La Stampa che sono intervenuti a sostegno della pace

Ittihad's French forward #09 Karim Benzema reacts after scoring his team's first goal during the Saudi Pro League football match between Al-Ittihad and Al-Riyadh at the Prince Faisal Bin Fahd stadium in Riyadh on August 24, 2023. (Photo by Fayez NURELDINE / AFP)
La Stampa ha posto l’accento oggi sulla questione nascente che nel conflitto riesploso tra Israele e Palestina sta crescendo attorno ad alcuni calciatori.
In primi è stato Benzema, accusato addirittura dal Ministro dell’Interno francese di essere legato ai Fratelli Musulmani
“Il primo nome importante a dire la sua è stato Benzema, senza filtri. la sua frase «Tutte le nostre preghiere per gli abitanti di Gaza, ancora una volta vittime di questi ingiusti bombardamenti» diventa militanza. Il ministro degli Interni francese chiede che gli venga tolta la cittadinanza e il Pallone d’oro e lui stesso prova a levargli per direttissima l’affidabilità: «Sappiamo bene che è vicino ai Fratelli musulmani». Non lo sappiamo.
C’è stato poi Salah che ha perso un milione di follower dopo aver pubblicato un video per la pace,
“Solo che Salah ha una faccia notissima e proietta quelle parole da un palco riconoscibile da ogni dove. Impossibile evitare accenti. Il Liverpool non ha detto nulla mentre il Bayern Monaco ha chiesto a Noussair Mazraoui un «incontro per avere chiarimenti» e il Nizza ha sospeso Youcef Atal così come ha fatto il Mainz 05 con Anwar El-Ghazi […] Tutti i calciatori citati hanno postato sostegno alle famiglie dei morti, chiesto la fine degli orrori, aggiunto i colori palestinesi. Parole per placare una guerra usate poi come carburante estremista”.
Poi anche le questioni per l’arco non illuminato a Wembley
“Le connessioni continuano a creare frizioni e pure se tenute in sottofondo, disinnescate dal rispetto reciproco, alimentano fastidi. I turbamenti partono da lontano: da un Mondiale manifesto lasciato libero di proiettare l’istanza palestinese sugli spalti. Sulle vittorie del Marocco, sulle feste della Tunisia. Oggi le federazioni proibiscono le bandiere di entrambi i fronti, […] Il problema non è il diritto al sostegno, la manifestazione di appartenenza, è il conflitto: lo scorso novembre la fierezza degli arabi al primo mondiale ospitato ha sposato una causa e quel mese di dirette globali l’ha legata al calcio”