Nella mente di Djokovic il tennista darwiniano: ha l’intelligenza di adattarsi ai cambiamenti
Più si alza lo stress, meglio gioca. Ha vinto 31 degli ultimi 33 tie-break. Contro Medvedev ha saputo reinventarsi, giocare a rete
Serbia's Novak Djokovic watches his shot while falling on the court as he plays Russia's Daniil Medvedev in the US Open tennis tournament men's singles final match at the USTA Billie Jean King National Tennis Center in New York on September 10, 2023. (Photo by kena betancur / AFP)
Ogni bambino, quando gioca con una racchetta in mano, sogna di vincere uno Slam e di diventare almeno per una settimana il numero 1 al mondo. La stragrande maggioranza dei tennisti professionisti lavora duramente nel corso di un’intera carriera senza nemmeno avvicinarsi a uno solo di questi due obiettivi.
A New York Novak Djokovic a 36 anni ha invece vinto il 24eismo Slam della sua carriera, assicurandosi anche di incrementare maggiormente il conteggio delle 390 settimane già trascorse al primo posto del ranking. Dopo la vittoria del suo quarto Us Open è sempre più in vantaggio in ciascuno di questi due parametri, i più indicativi per misurare la grandezza dei campioni del suo sport, una soddisfazione che appagherebbe chiunque, tanto più alla sua età, ma non lui.
È difficile anche solo immaginare quanti sacrifici debba chiedere al suo corpo – più vicino ai quaranta che ai trenta anni – per mantenersi così prestante, quanta determinazione sia necessaria per lavorare così tanto e costantemente per venti e passa anni pur di arrivare a giocare meglio di chi è più elegante di lui nei gesti tennistici, quali sforzi richieda alla sua mente per riuscire a essere nei momenti in cui si decidono le partite quasi sempre – rispetto ai suoi avversari – più lucido tatticamente e capace di alzare maggiormente il livello del suo tennis.
Contro un grande avversario come Medvedev Djokovic ha vinto con una delle più belle dimostrazioni di forza della sua pur lunghissima e gloriosa carriera: ha avuto l’intelligenza di non accettare scambi molto lunghi che lo avrebbero sfiancato alla distanza, ricorrendo alla capacità di vincere tanti punti a rete, con volée molte volte difficili. Si è anche confermato di gran lunga il più freddo dei suoi colleghi nei momenti decisivi, dove riesce quasi sempre a giocare il suo miglior tennis: lo stupendo tie-break del secondo set da lui vinto è simbolico di cosa Novak sia diventato quando lo stress rende tutto più difficile. Non è un caso che nel 2023 abbia vinto 15 dei 16 giochi decisivi giocati negli Slam e, più in generale, si sia aggiudicato 31 degli ultimi 33 tie-break affrontati.
Un campione come lui, che nei 72 Slam a cui ha partecipato la metà delle volte ha raggiunto almeno la finale e in un terzo di queste ha vinto – statistiche impressionanti che ormai non lo fanno appartenere più al solo Gotha del tennis, ma a quello dello Sport moderno – può ben sopportare il rimpianto di essere giunto nel 2023 a un solo set dall’aver centrato il Grande Slam.
C’è anzi da scommettere che il serbo lo userà come stimolo per continuare a lavorare duramente…
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«Quindi forse la Ducati è ancora la miglior moto. Osservando i nostri dati, è chiaro cosa non ha funzionato: la moto si muoveva tanto. Chiedo scusa ai tifosi».
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di Mario Piccirillo - La (non) rivoluzione delle riprese di Netflix: dal basso si percepisce il vero tennis, la sua velocità e ferocia. Il futuro è nella visione che ti immerge nel campo
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Zverev ha giocato 59 minuti col mal di schiena e si è portato a casa 1,5 milione di dollari. Alcaraz ora dice che si diverte. Sparite le polemiche. E hanno dimenticato i crampi di Sinner
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