Ranieri: «Il mio calcio è vincere. Il calcio è semplice, sono gli allenatori a renderlo difficile»
A La Repubblica: «Il Cagliari è l'ultima squadra che allenerà. Farei eccezione solo per una nazionale intrigante, ma non mi sto candidando per l'Italia».

Bari 11/06/2023 - play off serie B / Bari-Cagliari / foto Image Sport nella foto: Claudio Ranieri
La Repubblica intervista l’allenatore del Cagliari, Claudio Ranieri. Il club sardo è appena salito in Serie A, battendo il Bari ai play off all’ultimo minuto. Ranieri ha più di 70 anni, ma ancora non si è stancato.
«Finché lavoro sono pimpante. Allenare mi tiene al passo con i tempi».
È sicuro di non rappresentare invece un calcio che non c’è più? Ranieri:
«Io cambio come cambia il calcio. Mi adeguo, mi aggiorno con le ultime tendenze. La mia forza è proprio il
cambiamento. Mi sento un allenatore moderno, europeo, e in più ho un’esperienza che la dice lunga».
Ranieri parla del suo calcio.
«Il mio calcio è vincere. È difendere bene e attaccare meglio. È conoscere bene la propria squadra, saperne i limiti e non mandarla allo sbaraglio. Il calcio è semplice, sono gli allenatori a renderlo difficile».
Il Cagliari, dice Ranieri, sarà la sua ultima squadra.
«Infatti ho deciso che il Cagliari sarà l’ultima squadra che allenerò. Farei un’eccezione soltanto per una nazionale intrigante, e preciso che non mi sto candidando alla panchina azzurra».
Quindi il prossimo campionato sarà la sua last dance?
«Calma. Ho detto che il Cagliari sarà la mia ultima squadra, ma non per quanto lo sarà. Magari resisto vent’anni…. Scherzi a parte, mi sento di chiudere finalmente un cerchio».
A Cagliari, del resto, è iniziata la sua carriera, 35 anni fa. A Ranieri viene chiesto che Serie A ritrova.
«Siamo gli ultimi arrivati e ci siamo arrivati con l’ultimo pallone del campionato. Ci sarà da soffrire, ma siamo pronti. Fortunatamente ho un gruppo magnifico e una società organizzata».
Perché tutti vogliono bene a Ranieri?
«Credo che sia perché do rispetto e di conseguenza ne ricevo. Eppure sono chiuso, non espansivo, pur essendo romano. Sono uno di quei pochi romani che si tengono tutto dentro, anche se qualche volta mi avete visto emozionarmi in pubblico».
Continua:
«Sono stato apprezzato anche quando non ho vinto, forse perché non mi sono mai tirato indietro. E poi forse conta che mi sono sempre comportato bene, che se perdo perché gli altri hanno giocato meglio lo riconosco, che non cerco scuse, che non corro dietro all’arbitro per dare la colpa a lui o magari alla pioggia».
Quindi vincere è secondario? Ranieri:
«No, il risultato è la prima cosa. Ma ai giocatori dico: se date tutto, accetto qualunque verdetto. La cosa più importante è avere la coscienza a posto. Ecco: la vittoria è dare tutto e avere la coscienza a posto. Io tante volte non l’ho avuta, anch’io posso essere più o meno in vena, ma lo si riconosce e si ricomincia».
Ranieri commenta il gesto di rimprovero ai tifosi del Cagliari, alla fine dello spareggio, perché prendevano in giro quelli del Bari.
«Non c’era motivo di sfotterli. Il Bari era stato un avversario leale, andava rispettato. Capisco i cagliaritani, da decenni in tutta Italia gli urlano pecore, pastori, banditi. Ne ho sentite di cotte e di crude. Ma che importa: facciamo il tifo per noi, spendiamo energie per sostenere i nostri, degli altri non ci deve interessare».
Cos’è che non piace a Ranieri del calcio di oggi?
«Non sopporto che per forza di cose si debba iniziare l’azione dal basso. Non lo capirò mai. Tanto poi tutti studiamo come impostano gli altri e cerchiamo subito di rubare palla. All’oratorio giocavo a basket e il gioco era prendere e tirare: perché devo tenere per ore la palla invece di farla arrivare il prima possibile a quelli che negli ultimi 20 metri fanno la differenza? L’azione più bella è rinvio del portiere, tiro, gol. Rapido e indolore».