Altafini: «I migliori della Serie A? Leao e Osimhen. Con loro Milan e Napoli sono da scudetto»

Alla Gazzetta: «Il Milan sta facendo un mercato interessante, Garcia è un bravo allenatore. Napoli e Milan se la giocheranno con Juve e Inter, se l'Inter comprerà un centravanti»  

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Gc Monaco di Baviera (Germania) 07/03/2007 - Champions League / Bayern Monaco-Real Madrid / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: Jose' Altafini

Lunedì Josè Altafini ha compiuto 85 anni. La Gazzetta dello Sport lo intervista. Vive ad Alessandria, la definisce una scelta di «massima praticità»:

«È vicina a Milano, a Torino, a Genova. E per uno che fa 200-300 chilometri al giorno in auto… Salgo in macchina e ringiovanisco, è il mio ufficio: le idee viaggiano, ricordo il passato e guardo al futuro».

Altafini dice di odiare le ricorrenze.

«Odio le ricorrenze. Tutte. Compio gli anni il 24 luglio, mia moglie Anna il 26, ci siamo sposati il 25… Ho fatto tutto insieme, così non mi sfugge nulla! Siamo andati a cena noi due».

Se guarda nello specchietto retrovisore, cosa vede? Altafini:

«Un ragazzo che ha vinto il Mondiale quando era troppo giovane. Nel ‘58 Pelé era più piccolo, lui 17 anni e io 20, ma era già maturo. Io ero un bambino, non mi sono goduto la grandezza di quel successo. Così a ogni Mondiale succede questa cosa strana, mi emoziona di più vedere gli altri sollevare la coppa».

Pelé è stato il più grande di tutti?

«Sì. Sintetizzo: trovatemi un calciatore che usa destro e sinistro con la stessa incredibile efficacia. Non lo troverete perché non esiste. Ho amato Pelé, non eravamo mica rivali come ci ha dipinto quel film di qualche anno fa… La rivalità non poteva esistere perché quando giocavo contro di lui finiva sempre allo stesso modo: Altafini segnava un gol, Pelé tre o quattro… Quel film è pieno di falsità: che giocavamo insieme per strada da bambini, che la madre di Pelé aveva lavorato come donna di servizio per mia madre… Ma se la mia famiglia era povera come la sua! E poi ci siamo conosciuti a 17 anni».

Altafini ricorda la doppietta contro il Benfica a Wembley, con cui regalò la prima Coppa dei Campioni al Milan. Aveva 24 anni.

«Fu una giornata memorabile. Con il Milan ho vinto e segnato tanto, ma sempre con una certa incoscienza. Ho davvero ragionato da professionista quando alla Juve, a fine carriera… Pensi che mi chiamò il Milan, sarebbe stato un grande ritorno, ma avevo appena firmato per i bianconeri che tornavano in Coppa Campioni dopo 5 anni di assenza. Non c’è niente di più bello della Champions, meglio anche di un Mondiale. Vedere un derby in semifinale e l’Inter in finale, con Roma e Fiorentina finaliste nelle altre coppe nell’ultima stagione è stato fantastico. E non è stato un caso: in Italia ci sono tecnici preparatissimi ed esperienza. Anche il Napoli, è uscito col Milan, ma a testa altissima».

E il Napoli di Altafini?

«La squadra veniva dalla B, io e Sivori temevamo di dover lottare per non retrocedere. Invece arrivammo terzi, poi secondi. E riempivamo il San Paolo con 80mila persone».

Le piace il calcio di oggi?

«I procuratori lo hanno rovinato. C’è molta incompetenza. Oggi i giocatori vanno a guadagnare in Arabia, ma chi si ricorderà di loro non appena lasciano l’Europa? Seguo il calcio ma scelgo, guardo solo le belle partite. E i grandi giocatori».

Il più forte della Serie A, per Altafini, è Leao, ma accanto all’attaccante del Milan mette Osimhen.

«Leao, con continuità può arrivare a livelli altissimi. E Osimhen, una garanzia. Con loro Milan e Napoli sono da scudetto. I rossoneri stanno facendo cose interessanti sul mercato, gli azzurri hanno preso Garcia che è un bravo allenatore. Se la giocheranno con Juve e Inter, a patto che i nerazzurri comprino un signor centravanti. Lukaku era perfetto. Come Vlahovic: non lo venderei mai».

Chi è il migliore al mondo oggi?

«Mbappé. Mi ricorda molto Eusebio per velocità, tecnica e dribbling. La finale mondiale contro Messi è stata uno show, ha vinto Leo ed è giusto così, lo meritava. Per la carriera fatta è più forte di Maradona».

Cosa c’è nel futuro di Altafini?

«Energia, movimento, non mi fermo mai. Il calcio che ho vissuto io non lo cambierei con quello attuale, sono stato felice. Anche se sono in debito del 30 per cento: avrei potuto giocare più partite, fare più gol… Ma pensavo alla vita, mi divertivo. Non curavo l’alimentazione, mi piaceva godermi una buona cena con un bicchiere di vino. Ma i compleanni no, non mi piacciono, ricordatevelo».

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