Binaghi: «Io al Coni? Impossibile. La mia filosofia è esattamente opposta, rappresento l’efficienza»
Al CorSport: «Nel mondo dello sport italiano l’efficienza disturba. In vent'anni abbiamo raggiunto la popolarità della Ferrari e talloniamo il calcio».

In un’intervista al Corriere dello Sport, il presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel (Fitp), Angelo Binaghi, rivendica la crescita della federazione nei vent’anni della sua gestione.
«Come popolarità abbiamo raggiunto la Ferrari e talloniamo il calcio che ha comunque un tasso di crescita inferiore al nostro. Ricordo l’inizio, tutti scappavano dalla federazione. Gli Internazionali perdevano 3-4 miliardi l’anno, mancavano le vittorie e i praticanti».
Oggi cos’è la Federtennis? Binaghi:
«Una realtà che in vent’anni ha quadruplicato i tesserati, dà lavoro a più di mille persone quando in passato non si arrivava a cento. Non voglio personalizzare. Ho solo rappresentato una nuova classe dirigente: noi, mediocri giocatori sul viale del tramonto, volevamo portare la federazione in un’altra dimensione, partendo dal basso, dando noi per primi l’esempio. Strada facendo siamo stati anche fortunati perché abbiamo incontrato ragazze straordinarie, il settore maschile è cresciuto, è nata la joint venture con Coni Servizi (ora Sport e Salute, ndr) per gli Internazionali. E magari qualche buona idea l’abbiamo anche avuta».
Pensava di restare in carica così tanto? Binaghi:
«Assolutamente no. La realtà è che con il passare del tempo c’è stata la necessità di proseguire nella gestione delle cose straordinarie, in senso positivo, che avevamo creato. Tanto è vero che nei primi due mandati si è presentato un candidato di opposizione, successivamente neanche quello».
Eppure la politica vuole imporre il limite dei tre mandati.
«Chissà cosa sarebbe successo se nel 2012, dopo il mio terzo mandato, fossimo stati obbligati a passare la mano. Che cosa ne sarebbe stato della curva di crescita del tennis italiano?».
Un ricambio però dovrà pur esserci. Binaghi:
«E io sono favorevole. Il vero problema è che in Italia non esiste una scuola che formi nuovi dirigenti. Quando vent’anni fa sono arrivato, non sapevo neanche cosa fosse il Coni».
Binaghi sugli internazionali di Roma:
«Erano falliti, oggi valgono 385 milioni di euro e generano un impatto economico sul territorio di 400. Sono la più grande manifestazione italiana con carattere di ripetitività e da quest’anno dureranno dieci giorni».
L’accorpamento di alcune federazioni è un altro degli argomenti di cui si parla spesso.
«Eppure sarebbe necessario per risparmiare soldi pubblici che in alcuni casi coprono a malapena le spese: federazioni con meno di 100 società non riescono ad autofinanziarsi, fanno fatica anche a sostenere l’attività dei loro atleti migliori. L’esplosione del padel sarebbe stata impossibile se fosse rimasto come federazione autonoma. Solo per stare agli sport della racchetta oltre al tennis abbiamo le federazioni di tennistavolo, badminton, squash, pallapugno e pallatamburello. Parliamo di queste cose da 15 anni, ma poi non succede mai niente. Perché poi verrebbero a mancare al momento delle elezioni voti anche piuttosto condizionabili».
Il tennis ha sempre mantenuto una sua linea sulla presenza di russi e bielorussi, in campo da neutrali. È la strada giusta? Binaghi:
«Dovrebbe chiederlo al Coni. È Pasqua, vorrei evitare polemiche e io sono un piccolo dirigente di periferia. Ricordo solo che un anno fa Rublev e Medvedev qualcuno diceva che non avrebbero dovuto giocare a Roma per rispettare i dettami del Cio, mentre ora mi sembra che si vada nella direzione opposta. Noi siamo stati nel nostro piccolo coerenti e, percorrendo una strada diversa, avremmo messo a rischio la sopravvivenza stessa degli Internazionali, un patrimonio dello sport italiano. Con o senza Binaghi».
Binaghi candidato del Coni è fantasport?
«Impossibile. La mia filosofia è esattamente opposta, nel bene e nel male. Dove io vedo bianco, il Coni vede nero. Io rappresento il tentativo di realizzare il sistema più efficiente possibile. Il mondo dello sport italiano è costruito al contrario, l’efficienza disturba, bisogna frazionare, dividere».
Inviterà Malagò agli Internazionali?
«Sempre. L’ho fatto tutte le volte che è stato possibile. Solo una volta, quando abbiamo avuto causa covid gli ingressi contingentati al 10% non è stato invitato alcun dirigente per la scelta di far entrare il maggior numero possibile di appassionati, solo lui si è risentito. Malagò e il segretario generale Mornati hanno un invito perpetuo alle nostre manifestazioni. Qualche volta lui viene e noi siamo felici, molte altre no ma i giocatori vanno in campo lo stesso».