«Nel calcio c’è ancora troppa vergogna per i problemi di salute mentale» (Le Parisien)

In Francia esiste uno sportello telefonico per i calciatori professionisti che vivono momenti di difficoltà. Riceve solo 15 chiamate l'anno

Varane calcio como

Mg Torino 07/10/2021 - Uefa Nations League / Belgio-Francia / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Raphael Varane

Le Parisien affronta il tema della salute mentale nel mondo del calcio. La barriera della vergogna nel vivere un momento di disagio psicologico, tra i calciatori è ancora tenace. Lo prova il percorso dello sportello di ascolto psicologico, che nel calcio francese è presente da dieci anni, ma ancora non trova un pubblico adeguato. E’ un servizio offerto dal sindacato dei calciatori professionisti, una forma di assistenza telefonica che garantisce l’anonimato a chi vi si rivolge. Ogni giovedì, dalle 13 alle 16, uno psicologo di base a Bordeaux è pronto all’altro capo della linea per “ascoltare e accompagnare verso soluzioni adatte“.

Il direttore generale del sindacato dei calciatori professionisti francesi, Philippe Lafon, dichiara:

«Riceviamo circa quindici chiamate l’anno, venti negli anni “buoni”. È un successo? Non ne ho idea, ma è uno strumento che ha il merito di esistere. Dobbiamo incoraggiare tutti a superare la barriera della vergogna».

Il problema è capire cosa impedisce ai calciatori di utilizzare lo strumento, scrive Le Parisien. “Lo sport numero uno al mondo soffre di un certo ritardo sui problemi di salute mentale”.  

Il mese scorso, una falla è stata aperta dal campione del mondo francese Raphaël Varane, che ha colpito tutti con le sue parole semplici e sincere nello spiegare la decisione di lasciare la Nazionale a 29 anni. A Canal+ ha dichiarato:

«In questo momento, mi sento come se stessi soffocando. Il giocatore sta mangiando l’uomo».

Martedì, Ferran Torres, del Barcellona, ha confessato ai media catalani che dopo il suo trasferimento dal Manchester City al Barcellona, nel gennaio 2022, sentiva di essere «entrato in un pozzo senza fondo da cui non sapeva come uscire». Ed ha aggiunto: «È stato allora che ho deciso di lavorare con uno psicologo. Non avevo fiducia in me stesso, tutto mi colpiva. È stata un’esperienza molto dura, molto amara, ma anche uno dei momenti migliori, perché ora mi sento più forte».

Ci sono tante situazioni che possono portare a situazioni di disagio e malessere: i ritmi infernali delle partite, gli infortuni, i conflitti con l’allenatore. Secondo uno studio Fifpro del 2015, il 38% dei professionisti che lavorano afferma di aver sperimentato sintomi di depressione, con un’evidente mancanza di supporto.

Il sindacato dei calciatori professionisti sta valutando di estendere le finestre delle chiamate, di offrire sessioni video e di intensificare i workshop di sensibilizzazione. La speranza è che chi si rivolge allo sportello aumenti di numero.

 

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