Tardelli: «D’estate arrotondavo facendo il cameriere nel ritiro del Napoli: una volta portai il caffè a Zoff»
Al CorSera: «Quando ci ritrovammo alla Juve glielo ricordai. Eravamo a tavola. Si alzò in piedi e disse: ragazzi, abbiamo comprato un cameriere!».

Db Torino 13/05/2014 - finale Europa League / Siviglia-Benfica / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Marco Tardelli
A 40 anni dal Mondiale di Spagna dell’82, il Corriere della Sera intervista Marco Tardelli, che faceva parte della Nazionale campione del mondo. Parla della sua giovinezza, con alle spalle una famiglia di radici contadine che mirava al posto fisso per i suoi figli e dei lavori estivi che faceva per mantenersi. Una volta ha lavorato anche nel ritiro del Napoli.
«Radici contadine. Papà operaio all’Anas, mamma casalinga. Mangiavamo bene: mio padre coltivava un campo, ci portava in tavola cose sane. Ho avuto un’infanzia felice. Ho preso il diploma da geometra, però. D’estate arrotondavo facendo il cameriere al Ciocco, dove andava in ritiro il Napoli: Juliano, Cané, Altafini. E Zoff. Una volta gli portai il caffè».
A vent’anni Zoff divenne suo compagno nella Juve.
«Glielo ricordai subito. Eravamo a tavola. Lui si alzò in piedi e disse: ragazzi, abbiamo appena comprato un cameriere!».
Ricorda il rapporto con Boniperti e il contratto per passare in bianconero. Fu pagato un miliardo.
«Me la tiravo un po’. Boniperti mi vide e mi disse: “Come sta Tardelli? Ora lei va a tagliarsi i capelli, si toglie la catenina, si leva il braccialetto. Poi torna qui. Mi tagliai i capelli, tolsi la catenina, levai il braccialetto. E capii cos’era la Juve».
Di Boniperti si racconta che arrivasse a Villar Perosa con il contratto già pronto, la cifra già scritta. Voi dovevate solo firmare.
«Questa è un po’ una leggenda. La cifra si discuteva, si concordava. È vero: non era molto alta. Ma se vincevi arrivavi a guadagnare il triplo. Capitava che dovessimo incontrare la squadra di un presidente che a Boniperti era antipatico, e lui entrasse negli spogliatoi: ragazzi, oggi, se vinciamo, superpremio…».
Quali presidenti gli stavano antipatici?
«Nessuno a priori: quelli che magari in settimana avevano detto di voler andare a Torino a vincere. Una volta poteva essere Viola della Roma, un’altra Farina del Milan… Boniperti era un signore; ma allora la partita diventava una guerra».