Berrettini: «Ho un mental coach dai 17 anni. Fa digerire la sconfitta in modo corretto e toglie pressione»

Al CorSport: «Per essere un giocatore di élite i colpi contano fino a un certo punto: se qualcosa non scatta dentro è dura. La bellezza? Per giocare a tennis non aiuta»

Berrettini

Londra (Inghilterra) 09/07/2021 - Wimbledon / foto Imago/Image Sport nella foto: Matteo Berrettini

Il Corriere dello Sport intervista Matteo Berrettini. La sua partecipazione al Roland Garros è abbastanza in forse, più no che sì, ha detto lui stesso ieri. Punterà a Wimbledon. Si è operato da poche settimane alla mano e non ha ancora ripreso a giocare.

«Era una lesione di una piccola parte della mano che fa sì che il tendine del mignolo stia al suo posto. Nel mio caso usciva sempre dalla sede naturale e si lussava. Adesso ho ripreso a dare la mano, a muoverla e… a salutare, ma ancora niente tennis. Spero di rientrare a breve perché sta andando tutto come da programma».

Parla dell’importanza delle sconfitte nel migliorarsi e del ruolo della testa per un tennista.

«Credo sia una mia caratteristica fin da bambino: allora come oggi usavo ogni energia mentale per arrivare al massimo risultato. Vinco i punti con i miei colpi, ma se non entro in campo con il giusto approccio, anche il dritto e il servizio sono meno efficaci. Per essere un giocatore di élite i colpi contano fino a un certo punto. Se qualcosa non ti scatta dentro, è dura».

Berrettini ha un mental coach, anche per questo.

«Fin dai 17 anni, ma non c’è un esercizio specifico che faccio con lui. Si tratta di un percorso che porta a conoscerti nel tempo, ti fa digerire la sconfitta in maniera corretta e ti toglie un po’ di pressione».

Considera il tennis un lavoro?

«No. A volte preferirei evitare un meeting con un avvocato, una sessione di fisioterapia o un allenamento pesante, ma nella mia vita sto facendo quello che sogno. Mi dà solo fastidio che devo stare lontano dagli affetti per 10-11 mesi l’anno. Quando mi chiama la nonna piangendo perché non mi vede, mi crea un buco dentro».

Tutti riconoscono la sua bellezza.

«La bellezza per giocare a tennis poi non aiuta».

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