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Arnautovic: «Nel calcio dipende tutto dalla testa. Devi avere sempre fame, sennò è inutile giocare»

Al CorSport: «In Italia c’è tanta pressione, mentalmente devi essere fortissimo. All’Inter non sono stato un professionista, ora sono diverso».

Arnautovic: «Nel calcio dipende tutto dalla testa. Devi avere sempre fame, sennò è inutile giocare»

Sul Corriere dello Sport una lunga intervista all’attaccante del Bologna Marko Arnautovic. Parla dell’importanza della fame, nel calcio.

«Nel calcio devi sempre avere fame, ti serve, perché se non hai fame non puoi mangiare, se non senti qualcosa qui, nello stomaco, allora è inutile giocare».

In questo momento tutti, nel Bologna, giocano per Sinisa MIhajlovic, alle prese con il ritorno della Leucemia.

«Facciamo tutto per Sinisa. E questo rafforza l’energia. Anche dopo tante partite, anche con la stanchezza addosso. Ho parlato tante volte con lui. Ma io non ho mai detto niente, ho solo ascoltato. Quando parla Sinisa ascoltano tutti, noi lo guardiamo in faccia. Sai che non sta affrontando una cosa facile, ma lui ti fa vedere che è ancora positivo, che ha molta energia, ragazzi dai, dai, ne vengo fuori, non vi preoccupate. Dobbiamo essere undici Sinisa in campo. Anzi, non undici: ventidue. Tutto lo stadio».

Oggi è un calciatore molto diverso dal passato, da quando stava nell’Inter, per esempio. E il merito lo attribuisce alla moglie, che lo sprona e lo ha migliorato.

«È difficile da spiegare, ma a diciannove anni io non potevo essere dove sono adesso, qui, in una sala stampa, con voi, così. Pensavo che a me non mi frega un cazzo di chi siete voi. No. Adesso ho molto rispetto di tutti. Tu fai al cento per cento il tuo lavoro, e ho molto rispetto per questa cosa. Prima pensavo: io sono un calciatore, sono il numero uno. Adesso no, quella non è la vita. Bisogna rispettare tutti».

In Italia la pressione è alle stelle, e può condizionare i giocatori.

«In Italia ti puoi distrarre. Ma tu sei qui per giocare. E hai la pressione dei tifosi, dei giornalisti. Allora mentalmente devi essere fortissimo. Non c’entrano le gambe, è una cosa molto mentale. E quando sei sereno, puoi arrivare a fare grandi cose».

Nel Bologna è uno dei giocatori più anziani: ha 32 anni.

«I giovani devono capire che le cose non le puoi rimandare. Anch’io lo facevo. “Se non lo faccio quest’anno, sarà per l’anno prossimo”, pensavo. Adesso no, siamo vecchi. E magari finisce che non c’è un prossimo anno. Non bisogna aspettare domani. Perché a trentatré, trentaquattro, trentacinque anni, a un certo punto finisce la musica. Vogliamo tutti arrivare dove è Ibra, che gioca così a quarant’anni. Anche io voglio arrivare lì».

La forza di Ibra è: volere è potere.

«Sentite. Noi lavoriamo nel calcio, giochiamo. Ma il calcio non è la vita. La vita reale è un’altra cosa. Sento tanto l’amore di Sinisa. Ha combattuto una volta contro la malattia e ha vinto. Vincerà anche questa volta. Ecco, è questa la vita reale. Io ho tantissimo rispetto di quelli che pensano sempre positivo e voglio sempre combattere. Sinisa è così. E anche Ibra è così. Tutti sanno chi è Ibra, cosa ha fatto nella sua vita, una vita straordinaria. Ma lascia stare il calcio. Lui è fortissimo qui, nella testa».

Perché il calcio è uno sport mentale.

«Molto. Tutto dipende dalla testa, non è solo fisico».

Che generazione è questa?

«Sono più professionisti rispetto a prima. All’Inter non sono stato professionista. Facevo allenamento per finire il prima possibile. E poi lo sai come si vive a Milano, sì? Sei giovane, hai un buon contratto, stai nell’Inter, ti conoscono tutti. Non è facile. Ma devo dire la verità: i nostri ragazzi sono molto professionali. Allenamento, palestra, mangiano bene, non vanno in giro».

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