L’abbraccio con Callejon e l’esultanza di Higuain. Sarà stato “solo” lo Sparta Praga ma per il Napoli valeva tanto

Sarà solo una vittoria per 3-1 sullo Sparta Praga, ma è una serata che ha regalato non poche indicazioni positive. Innanzitutto il Napoli ha vinto. “Bincere aiuta a bincere”. Ma è soprattutto il modo che alla lunga potrebbe rivelrsi importante. In rimonta. Di fronte a uno stadio semivuoto. Quattro giorni dopo una sconfitta casalinga contro […]

Sarà solo una vittoria per 3-1 sullo Sparta Praga, ma è una serata che ha regalato non poche indicazioni positive. Innanzitutto il Napoli ha vinto. “Bincere aiuta a bincere”. Ma è soprattutto il modo che alla lunga potrebbe rivelrsi importante. In rimonta. Di fronte a uno stadio semivuoto. Quattro giorni dopo una sconfitta casalinga contro il Chievo. L’esultanza di Higuain dopo il rigore realizzato, l’abbraccio tra Mertens e Higuain e quello finale tra Callejon e Benitez (immortalato in una splendida foto) sono tre momenti che rendono l’idea di quanto il gruppo tenesse a questa vittoria.

È solo lo Sparta Praga – È uno dei refrain più ascoltati da ieri sera. A parte che si può battere solo l’avversario che si ha di fronte. È il massimo consentito in una partita di calcio. E poi domenica non avevamo certo perduto contro il Real Madrid. Ma che cosa ci aveva colpito della sconfitta col Chievo? L’abulia del secondo tempo. L’incapacità di reagire. Quella apparente mancanza di fiducia che già l’anno scorso aveva caratterizzato alcune partiti infelici del Napoli di Benitez, ricordiamo la sconfitta interna col Parma e il 3-3, sempre al San Paolo, con l’Udinese.

Il gruppo – Bene, il Napoli ieri ha reagito. Non solo ha pareggiato e poi vinto. Non solo ha colpito un palo, e che palo, sull’1-1. Ma francamente ho notato alcune novità, come ad esempio entrate in scivolata alla disperata in fase difensiva. Non le avevo quasi mai viste nel Napoli di Benitez, sempre molto attento allo stile e talvolta parso poco combattivo. Non saranno state azioni difensive impeccabili, ma per un tifoso è il massimo notare che il giocatore si getta a corpo morto nel tentativo di fermare il tiro avversario. È parsa una squadra unita. Insomma, il gruppo c’è. Ed è l’annotazione più importante della serata.

Giocatori in ripresa – Ce ne sono anche altre. La ripresa di alcuni giocatori. Albiol – confermato al centro della difesa da Benitez – e Callejon che ha ricominciato a correre come lo scorso anno, almeno nel primo tempo. Chi ha praticato sport sa benissimo che una delle principali difficoltà consiste nell’invertire un trend negativo. È capitato a tutti. Tutti. Nello sport è capitato di tutto. Persino a Bubka di prendere sotto gamba un’Olimpiade e di finire a casa al terzo salto a Barcellona 92. Ed è successo a tutti di cominciare male una gara o una stagione. Gli esempi sono innumerevoli, potremmo parlare dell’Alberto Tomba del 1989. Non la finiremmo più. Dentro di te – individuo o squadra – comincia a insinuarsi il sospetto che tu non valga, che tu non possa più tornare come prima. Improvvisamente è come se i muscoli non rispondessero più come accadeva pochi mesi prima. Riuscire a vincere in queste condizioni è impresa non semplice. A prescindere dalla caratura dell’avversario (ripetiamo, domenica abbiamo perso contro il Chievo non contro il Real Madrid). 

L’ambiente – Evitiamo, perché ne abbiamo discusso abbondantemente in settimana, di soffermarci sul contesto. Ripetiamo che conta, conta tanto. Valdano nel suo ultimo libro ha parlato di uno studio di un professore (oggi scomparso) di Harvard – David McClelland – per cui l’ambiente influisce del 30% sulle possibilità di raggiungere la vittoria. Apro e chiudo parentesi: è il motivo per cui la Roma negli ultimi vent’anni ha vinto infinitamente meno di quel che avrebbe potuto se la squadra avesse giocato con altre condizioni ambientali. Senza indugiare nella polemica (ormai quel che pensiamo è chiaro), 15mila spettatori sono stati uno spettacolo indecoroso. Ciascuno può avere le proprie ragioni. Resta il fatto che a festeggiare le vittorie sono bravi tutti (come peraltro ha detto anche Mario Sconcerti). Il tifoso è tifoso. Sempre. Al di là del risultato, come recita uno striscione in curva. E infatti va detto che il tifo organizzato era lì al suo posto. E ha pure tifato. Stavolta nulla da dire.  

La squadra – Infine il gioco. Di certo il Napoli non ha ritrovato se stesso. Ma si è capito dove Benitez sta cercando di intervenire. Pur avendo a disposizione quattro esterni di ruolo (Maggio, Mesto, Zuniga, Ghoulam), ieri Rafa ha schierato sugli esterni Henrique e Britos. Ha un problema sugli esterni difensivi il Napoli. Lo aveva scritto Il Ciuccio in settimana. Benitez lo aveva capito ad agosto. E quel che a noi tifosi – perché noi siamo tifosi, lui lavora, da anni, nel calcio, fa l’allenatore di mestiere e lo fa anche discretamente, diciamo – era parsa una bizzarria, cioè lo schieramento di Britos a sinistra, era invece l’individuazione di un problema. Certo, avere quattro esterni di ruolo e non schierarne nemmeno uno non è un buon segno. Siamo d’accordo. Ma preferiamo aver tamponato la ferita invece di aver rischiato l’infezione. Poi ci sarebbe il centrocampo, dove Gargano si è battuto come un leone e ha mostrato sensibili miglioramenti nel tiro da fuori. Come ha detto Benitez in conferenza stampa: «Tutto si può allenare, tutto si migliora col lavoro. Abbiamo visto Gargano, ha lavorato sul tiro da fuori e ha fatto un tiro spettacolare. La squadra crescerà, col lavoro faremo più reti».

Poi qualche notazione positiva a margine. Dopo il 2-1 il Napoli non ha praticamente rischiato più nulla. Ed è una novità. Una volta in vantaggio è cresciuta la fiducia. E abbiamo visto forse la prima presa alta della stagione di Rafael. Il Napoli – come ha detto Giovanni Galli – ha subito lo choc dell’eliminazione dai preliminari di Champions. E non è facile risollevarsi. Non per tornare sul solito tema ma i tifosi, in fondo, anche a questo servirebbero. Non ad affossare una squadra in difficoltà. Il Napoli non è guarito, per carità, però si è rianimato da solo. Ha mostrato di essere vivo, unito. E di voler lottare. Non lo sapevamo domenica pomeriggio. Non è poco. 
Massimiliano Gallo

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