“Padre, figlio e spirito azzurro”: la madeleine di Bruno Marra ha il profumo delle graffe all’Edenlandia
Dopo BruNapoli, il secondo libro di Marra è fatto di Napoli: squadra e città sono le quinte d'una vita, i quattro scudetti battono il ritmo del romanzo

“’Sti mani piccerelle sanno solo scrivere. E nun sanno fa cchiù niente”. Per cui Bruno Marra, come atto di coerenza, se le è di nuovo sporcate d’azzurro: secondo libro sul Napoli (dopo “BruNapoli”) con un tranello d’impostazione. Non è un libro sul Napoli. È un libro fatto di Napoli. La squadra e la città sono tutt’attorno, una dimensione contestuale, un sentimento, a volte anche solo una suggestione. Marra li usa, li sfrutta, e ritaglia sui quattro scudetti una cadenza ritmata: la misura della sua vita. “Padre, figlio e spirito azzurro” (Apeiron Edizioni) è una riflessione intima, un elastico che in prima persona si tende da Fuorigrotta e tiene a sé legato il piccolo terribile Bruno che imperversa nel letto del papà alla domenica mattina, il ragazzo tifoso, il giornalista che pendola da Roma e torna a casa. In questo moto perpetuo – tira e molla, vai e vieni – che perfettamente traduce le vibrazioni e i controsensi di moltissime vite, è scritto il codice della città che “prima ti fa ospite e poi prigioniero”.
Quante volte hanno usato il calcio come una metafora, abusandone. Eppure ogni tanto esce un libro così: lieve, naturale, viscerale, ma anche maturo, pensato per elaborazione successiva.
Confessiamo di esserci fermati forse più del dovuto a pagina 17 e 18, prima di proseguire. Basterebbero le poche righe di flusso di coscienza sulla domenica all’Edenlandia – “l’ingresso con il palloncino, le cento lire per vedere il teatrino, il giro del mondo sul trenino, e poi volare sull’elefantino” – a stabilire il tono. Se Proust fosse nato a Napoli le sue madeleine avrebbero il profumo delle graffe dell’Edenlandia.
Diciamolo: il terzo scudetto del Napoli (e poi in misura minore il quarto) è stato per il mercato editoriale cittadino una miccia, un innesco. In pochi hanno trattenuto l’istinto di pubblicare – chi poteva – un ricordo, un romanzo, una celebrazione di questo punto e a capo della vita napoletana. Come a volersi fissare nella storia, come delle punesse. I “libri da terzo scudetto” sono diventati una categoria a parte, sono scoppiati d’un tratto sugli scaffali delle librerie come popcorn. Marra ha aspettato. Non sappiamo se per bisogno o per istintiva risposta alla continenza famigliare – l’Italia è pur sempre una Repubblica fondata sullo “stai attento”. Ma l’attesa ha funzionato come un decanter: aveva qualcosa da raccontare, e aveva bisogno di lasciarla prima respirare. Un ossigeno che s’avverte – freschissimo – pagina dopo pagina. Per trasformarsi alla fine in “un atto azzurro in luogo pubblico”. Un racconto generazionale che spoglia gli ultimi quarant’anni, dagli anni 80 ai giorni nostri. Perché questa storia privata non poteva restare, era già una storia di tutti.











