Mazzarri: «Concessi ai sudamericani del Napoli una pausa più lunga per Natale, mantennero la promessa di divorare la Roma»

Alla Gazzetta: «Cavani aveva una forza pazzesca ma era poco freddo davanti alla porta. Dopo gli allenamenti svolti insieme, è diventato un bomber pazzesco»

Mazzarri

Ci Napoli 17/02/2024 - campionato di calcio serie A / Napoli-Genoa / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: Walter Mazzarri

Una lunga carriera alle spalle, un fiorente amore con il Napoli e brevi esperienze culminate con diversi insuccessi ( tra cui l’ultima parentesi negativa in azzurro). A tutto Walter Mazzarri nel video intervista per la rubrica Only Fanta de La Gazzetta dello Sport.

Mazzarri: «Mi sono sempre assunto le mie colpe, ma nella vita contano i fatti»

Cosa deve avere un progetto per essere appetibile?

«Riconosco di aver commesso degli errori nel corso della mia carriera, a volte ho tradito i miei principi. Se si parla con un presidente, si richiedono alcun calciatori prima di firmare e non si è accontentati, bisogna essere onesti con la stampa per evitare di fare la figura di chi non vuole vincere. I tifosi hanno l’obbligo di essere avvertiti, poi la società deve risolvere il problema. Spesso mi sono fatto due volte male per difendere i presidenti dei club allenati».

Quanto conta coniugare i diversi ruoli dell’allenatore?

«L’unico rammarico nel corso della mia carriera è stato non aver curato la stampa. Ho un ruolo fondamentale, ma l’ho trascurata per valorizzare la squadra e focalizzarmi sui risultati da ottenere. Nella prima annata discutibile. Faccio mea culpa, mi assumo tutte le responsabilità, perché a livelli internazionali come la Champions l’allenatore deve curare tutto».

Cosa ha portato Mazzarri nel calcio italiano?

«Nonostante i maldicenti, mi assumo sempre le mie responsabilità. Dovevo curare meglio la comunicazione. Perché mi arrabbiavo? Ho sempre cercato di migliorare i miei calciatori, Bianchi e Amoruso sono gli esempi più lampanti, Pazzini, Cavani, Lavezzi. Nella vita parlano i fatti, i numeri sono evidenti, inutile chiudere gli occhi perché sto antipatico agli occhi di qualcuno. Vediamo se qualche allenatore, partito da zero come me, ha vissuto la mia stessa carriera».

Fondatore della difesa a tre?

«Ho sempre concesso maggiore copertura contro le squadre che giocavano con due punte, perché potevo contare su calciatori conclamatamene inferiori agli avversari. Partendo da questo presupposto, avevo poi una preferenza per questo schema, soprattutto per la sua efficienza e per le sue funzionalità. Un certo tipo di calcio viene solo se si ha la fortuna di poter contare su calciatori adeguati al proprio gioco».

Che calciatore era Lavezzi?

«Un fuoriclasse, un giocatore con una grande resistenza ed un’intelligenza unica. Il suo ruolo preferito, adeguato per le sue caratteristiche, era l’ala sinistra. Era completo organicamente ed era in grado di svolgere bene la fase offensiva e difensiva. Ho cercato di far intraprendere lo stesso percorso a Kvara per un breve periodo, ma non avevo la mezzala giusta».

Quanto conta il rispetto dei ruoli in una società?

«Un aspetto fondamentale nel calcio per fare dei risultati. L’allenatore deve fare l’allenatore, il direttore sportivo deve fungere da collante con la società. Sono necessari realtà e correttezza sino alla fine dell’annata calcistica, se possibile. Poi se non arrivano i risultati, bisogna fare un passo indietro. Ma se questa situazione viene disattesa e non vengono rispettate le promesse iniziali, non si può stare in mezzo alla brace ed è necessario dire la verità alla stampa e ai tifosi».

Un aneddoto con i sudamericani a Napoli?

«C’era sempre un problema con loro per i giorni di permesso per le feste natalizie. Con lo staff stilammo un programma, ma i sudamericani contestarono il numero di giorni ricevuti, anche se il 6 gennaio avremmo giocato con la Roma. Concessi loro la mia fiducia, mi assunsi le responsabilità di consentire di tornare più tardi rispetto agli italiani. Lavezzi mi disse che sarebbero tornati più carichi e che si sarebbero divorati la Roma: disputammo una gara pazzesca. In quel momento compresi la vera unione di quel gruppo, rispettarono la promessa perché erano uomini d’onore e credevano nel mio lavoro».

Che giocatore era Cavani? 

«Ho lavorato tanto con lui, perché aveva una forza pazzesca ma era poco freddo davanti alla porta. Dopo gli allenamenti svolti insieme, è diventato un bomber pazzesco. Essere preparati come allenatore comporta credibilità, perché alcuni calciatori vanno migliorati sono diversi aspetti, tutti da riconoscere».

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