Liverpool, che noia “You’ll Never Walk Alone”, ormai Anfield sembra Lourdes: viva i fischi, sono più onesti (El Paìs)
"Anfield sta diventando un'attrazione turistica con la sua colonna sonora. Se facessero pagare l'ingresso solo per ascoltarla, lo riempirebbero senza nemmeno tirare un calcio a un pallone"

Db Liverpool (Inghilterra) 08/03/2022 - Champions League / Liverpool-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: tifosi Liverpool
Liverpool, che noia “You’ll Never Walk Alone”, ormai Anfield sembra Lourdes: viva i fischi, sono più onesti (El Paìs)
A Rafa Cabeleira del Paìs “You’ll Never Walk Alone” sembra “l’epidemia più persistente di tutto il calcio mondiale, un misto di religione e karaoke che i tifosi del Liverpool praticano a ogni partita come sostituto anglosassone della santeria cubana”. L’editorialista spagnolo coglie un punto: ormai quel coro ad Anfield sta diventano un’attrazione turistica, come Venezia o Disneyland. È diventato posticcio.
“Le mie riserve – scrive – non riguardano più tanto la canzone in sé quanto il suo seguito di culto, incapace di comprendere tanta effusione da parte di commentatori, critici musicali, tifosi rivali e tifosi di casa: quel coro di voci profonde ed emozionanti capace di trasformare il Liverpool in Lourdes per almeno un paio di minuti. Quello che un tempo era un inno è diventato un’esperienza mistica, un atto di fede che fa impallidire i grandi riti di qualsiasi religione organizzata: se mai pensassero di far pagare l’ingresso solo per ascoltarla, riempirebbero Anfield senza nemmeno tirare un calcio a un pallone”.
“E non so cosa mi turbi di più: la fede cieca nell’atto in sé o la superstizione della sua messa in scena. Tanta drammaticità concentrata in pochi versi che non si capisce più se stiano accogliendo undici calciatori vestiti di rosso o accompagnando le vedove di coloro che hanno perso la vita in guerra – lo spirito originale di una canzone trasformato dal calcio nel miglior esempio di arma coercitiva: batterli sul loro stesso terreno è quasi come urlare durante una funzione religiosa”.
“Oltre a ciò, nessuno studio scientifico è stato in grado di dimostrare come diavolo una canzone possa aiutarti a vincere una partita di calcio. Attiva l’emisfero eroico del cervello? O aumenta la concentrazione del gene della vittoria nel sangue? Non credo, così come non credo del tutto alla promessa contenuta nel motto centrale di quella benedetta canzone: non camminerai mai da solo… finché non perderai tre partite di fila e ogni passaggio sbagliato sarà accompagnato da un silenzio agghiacciante. Per quanto mi sforzi di resistere, Anfield sta iniziando a diventare anche un’attrazione turistica con la sua colonna sonora”.
“Martedì, mentre il Real Madrid si ritirava negli spogliatoi, le ferite di una prestazione deludente ora rimarginate da “piccoli dettagli”, non riuscivo a pensare ad altro che a quanto mi mancasse la solita freddezza del Camp Nou o del Santiago Bernabéu: i fischi sinceri nati dalla vera frustrazione, il mormorio impaziente del tifoso veterano, la loro totale mancanza di compassione per quel ventenne che indossava la stessa maglia. Forse è meno poetico e non commuoverebbe mai Spielberg, ma è più onesto. Perché avere un’anima – o vantarsene sempre – è una cosa, e trasformare ogni partita di calcio in un maledetto musical è un’altra”.











