Pepe Castro, l’ultima delle grandi ali argentine: «Maradona oggi potrebbe giocare, Messi negli anni 70 e 80 no»

Quaranta anni fa la vittoria in coppa Libertadores dell'Argentinos Juniors. L'intervista del Clarin a Pepe Castro

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(FILES) In this file photo taken on June 17, 2010 Argentina's coach Diego Maradona (R) and Argentina's striker Lionel Messi speak after their Group B first round 2010 World Cup football match Argentina versus South Korea at Soccer City stadium in Soweto, suburban Johannesburg. (Photo by Gabriel BOUYS / AFP)

Quaranta anni fa l’Argentinos Juniors si laureava campione della Libertadores. Una squadra nella quale militavano giocatori come Sergio Batista, Claudio Borghi, Jorge Olguin. Pepe Castro, ala destra di quell’Argentinos Juniors campione della Libertadores nel 1985, uno delle grandi “ali” del calcio argentino, ripercorre quei giorni gloriosi in un’intervista con Clarín: “Quella squadra era un gradino sopra le altre; aveva uomini, identità, sacrificio e orgoglio sportivo”, sottolinea. Oggi, a 70 anni (li ha compiuti il 15 ottobre), Pepe si presenta elegante, asciutto come ai tempi da giocatore. È tornato nella redazione di Clarín, dove era stato l’ultima volta nel 1985, quando Argentinos vinse il campionato e la Copa Libertadores e parla anche di Maradona.

Racconta che il progetto nacque con Ángel Labruna:

“Arrivò dopo che avevamo rischiato la retrocessione e quasi ci portò al titolo. Era un fenomeno, sapeva vedere il gioco e fidarsi dei giocatori”. Poi, nel 1984, arrivò Roberto Saporiti: “Portò tattica e strategia. Con lui cominciammo a lavorare sulle palle ferme e sui movimenti ripetuti. Era anche molto motivante”.

Nel 1985 subentrò José Yudica, e lì esplose il capolavoro:

“Era un tipo leale, poco riconosciuto. Diede identità al gioco. Ci disse: ‘Sé come battere il Ferro’, che era la nostra bestia nera. Quel gruppo aveva un leader per reparto, piccole società come diceva Menotti. Avevamo uomini, identità e vergogna sportiva. Tutto confluisce nel 1985”.

Dopo il trionfo nella Libertadores — il 24 ottobre 1985, vittoria ai rigori contro l’América de Cali ad Asunción — arrivò la delusione della Coppa Intercontinentale, persa ai rigori contro la Juventus.

Ma Pepe non ha rimpianti: “Non cambio nulla. La forma e il come non si negoziano. Mancarono sette minuti, ma non potevamo tradire la nostra identità”.

Castro non ha mai avuto peli sulla lingua, né da calciatore né oggi. Critica alcuni allenatori con cui ha lavorato, elogia altri come Menotti e Yudica, e non risparmia riflessioni dure sul calcio moderno:

“Non dico che quello di prima fosse migliore, ma posso discutere ruolo per ruolo. Allora si giocava sempre, c’era più continuità, più carattere. C’erano giocatori svogliati, ma anche tanta pressione. Diego Maradona potrebbe giocare oggi, ma Lionel Messi non avrebbe resistito negli anni ’70 e ’80”.

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