La Premier sta tornando ai lanci lunghi, ma davvero preferite questo calcio al bistrattato guardiolismo? (Athletic)

La Premier sta tornando alla tradizione e quindi alla noia: meno possesso, più seconde palle, meno gol. Torniamo a Chelsea-Liverpool di Mourinho e Benítez che Valdano definì “come merda appesa a un bastone”

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Orlando 01/07/2025 - FIFA Club World Cup 2025 / Manchester City-Al Hilal / foto Imago/Image Sport nella foto: Josep Guardiola ONLY ITALY

La Premier sta tornando ai lanci lunghi, ma davvero preferite questo calcio a quello di Guardiola? (Athletic)

IL modo di giocare in Premier League sta cambiando, meno passaggi, più lanci lunghi. Si sta tornando al passato e Athletic si chiede come sia possibile preferire questo calcio a quello espresso da Guardiola e che ha influenzato gli ultimi anni del campionato inglese.

Scrive Athletic:

“Xabi Alonso non ha mai dimenticato il suo battesimo nella Premier League. Era una domenica pomeriggio di fine agosto 2004. C’era gelo nell’aria, ma per il centrocampista del Liverpool, appena arrivato dalla Spagna, il vero shock culturale avvenne in campo. “Era selvaggio”, ha ricordato Alonso — oggi allenatore del Real Madrid — nel libro Ring of Fire di Simon Hughes. “Palla lunga, seconda palla, giocatori fisici: Kevin Nolan, Kevin Davies in attacco, (Sam) Allardyce che masticava gomma e urlava ordini dall’area tecnica. Quando il Bolton otteneva una punizione, l’esercito della difesa saliva e il terreno cominciava a tremare”.

Ne scrive Athletic: parlando del calcio post Guardiola.

La Premier anni 2000: lanci lunghi, seconde palle e rimesse che sembravano missili

“Per molti anni, quella fu l’immagine stessa della Premier League: lanci lunghi, seconde palle, calci d’angolo, punizioni, sangue e tuoni, botte e rimbalzi. Come disse José Mourinho ai tempi del suo primo Chelsea, l’Inghilterra era l’unico posto dove i calci d’angolo venivano accolti con lo stesso entusiasmo dei gol. Rory Delap (Stoke City) scagliava rimesse laterali lunghissime, che lo stesso Allardyce paragonò a missili Scud. Nella stagione 2009-10, il 31% dei gol della Premier (esclusi i rigori) nacque da palle inattive. Pep Guardiola ricorda  una partita caotica tra Swansea e Crystal Palace che osservò con stupore e preoccupazione. “Nove gol, otto su calcio da  fermo — angoli, punizioni, rimesse”.

Quello era il calcio inglese. Non sempre, ma spesso. Poi Guardiola, prima da lontano con Barcellona e Bayern, poi da vicino, lo ha cambiato profondamente. Non è più stato un gioco basato su calci piazzati e seconde palle: il possesso è diventato il nuovo re. Le percentuali di passaggi riusciti sono cresciuti in Premier e nelle divisioni inferiori, fin giù al calcio dilettantistico. Tutti cercavano di costruire dal basso e pressare in avanti: giocare alla Guardiola”.

Le statistiche dicono che nel calcio post Guardiola le reti crollano

Continua Athletic:

Ma come la moda e la musica, anche il calcio vive di cicli. E la Premier League sembra nel pieno di una revival anni 2000. Dopo appena sette giornate, le statistiche Opta mostrano un cambiamento chiaro: i lanci lunghi sono tornate con forza (dal 6% del 2020 al 27% di quest’anno); i gol da palle inattive sono saliti a 0,7 a partita, record dal 2010-11; i passaggi per partita sono scesi a 858, minimo dal 2010-11; le rimesse dal fondo lunghe sono tornate al 51,9%; i gol di testa al 19,8%: il massimo dal 2000-01. Molti salutano il ritorno del “vecchio calcio inglese” come una liberazione dal Guardiolismo, accusato di aver reso il gioco prevedibile e “robotico”. Patrice Evra lo ha detto chiaramente: “Guardiola ha ucciso il calcio”.

I gol da palla ferma sono aumentati, sì — ma il numero totale di reti è crollato. A dicembre scorso, quando si discuteva se l’Arsenal dipendesse troppo dalle palle inattive, i tifosi hanno celebrato il loro allenatore dei calci piazzati Nicolas Jover con un murale vicino all’Emirates: “Set piece again, ole ole”. Ma è davvero questo il calcio che vogliamo vedere?

La Premier recente, con la sua intensità e il ritmo altissimo, è stata molto più divertente di quanto dicano i nostalgici. Negli anni 2000, il fascino della lega derivava più dalle personalità e dalle risse nei tunnel che dal gioco stesso. Chi accusa il City di Guardiola di essere noioso, dovrebbe rivedere un Chelsea-Liverpool di Mourinho e Benítez: dieci dei loro sedici scontri tra il 2004 e il 2007 finirono con un gol o meno. Non a caso Jorge Valdano li definì “come merda appesa a un bastone: intensa, collettiva, tattica, fisica e diretta”. Ed è proprio lì che rischiamo di tornare. Non una regressione completa, ma un calcio più diretto, strategico, meno creativo.

Thomas Gronnemark, l’ex allenatore delle rimesse del Liverpool, spiega: “Per segnare da rimessa lunga, devi farne tante. Ma questo rompe il ritmo del gioco. Klopp non voleva rallentare il nostro calcio fluido. E aveva ragione”. Ora però le rimesse lunghe spopolano: il Brentford è la regina, con oltre 25 secondi spesi in media per ogni rimessa e più di 14 minuti di gioco “persi” in una sola partita contro lo United. Anche Tottenham e Arsenal le usano di più, ma spesso senza efficacia. I dati lo confermano: più possesso significava anche più gol — soprattutto su azione. Oggi, invece, meno possesso, meno reti, più interruzioni. Siamo tornati, insomma, al calcio delle rimesse e dei calci piazzati, che entusiasma per un attimo ma raramente emoziona davvero. Chi accusa Guardiola di aver “ucciso il calcio” dovrebbe stare attento a ciò che desidera: perché il rischio, adesso, è che il calcio inglese torni davvero a essere quello di una volta — duro, diretto, frammentato e terribilmente noioso.

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