Ron Atkinson: «Ai miei tempi non c’era la tv. Vincevamo 1-0 e la gente credeva che dominassimo»
L'ex grande allenatore dello United al Telegraph: "io lavoravo in fabbrica e ti dico che il calcio è il paradiso. Oggi puoi arrivare in Champions quasi da terzultimo. Non è vero che ora i calciatori vogliono essere coccolati"

Ron Atkinson, detto Big Ron, 40 anni fa allenava il Manchester United che iniziò la stagione vincendo le prime 10 partite. se lo ricordano ancora tutti, come una leggenda. Al 1° novembre, ancora imbattuto, aveva accumulato 41 punti, solo uno in meno di quelli ottenuti dallo United in tutta la scorsa stagione. «Non c’era la tv – racconta al Telegraph – Il che era divertente perché girava la voce che stessimo vincendo ogni partita alla grande, battendo tutti. Non era così. Sì, abbiamo avuto un paio di vittorie larghe, ma abbiamo avuto un sacco di 1-0 combattuti, in cui abbiamo vinto lottando, non con la tecnica».
Dopo la fine della carriera di allenatore divenne commentatore, poi finì in disgrazia per una sorta di sfogo razzista contro Marcel Desailly, 20 anni fa. Fu cancellato dalle trasmissioni mainstream, escluso da una rubrica sul Guardian e perse lucrosi contratti commerciali. Si è scusato in mille modi ha fatto un paio di documentari televisivi di mea culpa, è entrato persino nella casa del Grande Fratello. E’ un’intervista ricca di aneddoti, ma soprattutto pervasa di quel senso di calcio che fu che continua a regalare perle e saggezza. Oggi ha 86 anni e se la gode ancora.
«La gente dice che nel mio United c’era una cultura del bere», dice. «Ti dico una cosa, non avrebbero potuto sopravvivere in una competizione alcolica con il Liverpool o l’Everton. Sai dove bevevano? Al pub di Paddy Crerand. Mi teneva informato con precisione su cosa stessero facendo. Il problema erano [Paul] McGrath e Whiteside: quando erano infortunati, il club li usava nelle suite hospitality. Ovviamente tutti si riempivano i bicchieri. La voce si sparse».
Non ha mai fatto la Coppa dei Campioni. «Nella mia carriera, sono arrivato tra i primi quattro otto volte, e non ho mai giocato in Coppa dei Campioni. Giusto. Era per i campioni. Voglio dire, oggigiorno puoi quasi arrivare tra le ultime tre e qualificarti per la Champions League, come hanno dimostrato gli Spurs la scorsa stagione. Ci sono così tanti club in Europa, vedo alcuni nomi e penso che siano stati inventati con le tessere dello Scarabeo».
Per sua stessa ammissione, non era un maestro della tattica. Piuttosto, faceva affidamento sulle sue capacità di gestione del personale, alimentando una cultura del divertimento. Il momento clou della sua settimana era il calcetto del venerdì, quando era al centro dell’azione, a incitare, urlare e prendere in giro tutti. «Mi piaceva molto quando un giocatore aveva un leggero colpo il venerdì. Gli dicevo: ‘Riposati, preparati per sabato, salta l’allenamento’. Così potevo giocare a calcetto».
«Non ho mai visto il lato negativo di un giocatore. Se perdeva un’occasione, gli dicevo sempre: almeno eri lì. Quando ero un giovane professionista a Oxford, il manager mi disse: l’entusiasmo è gratis, quindi usalo. Ho vissuto secondo questo principio, guardando sempre il lato positivo. Ma ero sempre al passo con i tempi. E sì, sapevo essere brillante. L’altro giorno Gordon Strachan mi ha detto che questi tempi non durerei più di tre settimane come allenatore se provassi a parlare con i giocatori come facevo con con loro. Ora mi direbbero: parla con il mio agente. Ma in realtà non sono sicuro che Strachan abbia ragione. Credo che la maggior parte dei giocatori di oggi sarebbe contenta di un po’ di chiacchiere. Non sono diversi dai giocatori che ho allenato io o da come ero io da giocatore. Non vogliono essere coccolati».
«Ho avuto una vita fantastica. Quello che dico sempre è questo: era meglio che lavorare per vivere. Lavoravo in una fabbrica, la divisione ricambi della BSA a Birmingham. Il momento clou della giornata era quando passava una delle ragazze dell’ufficio e ci divertivamo a sbattere gli attrezzi contro il banco. Ti dico una cosa, il calcio è il paradiso».