Orsato: «L’arbitro che era in me è morto, è il passato. Oggi il difetto degli arbitri è che hanno paura»
È designatore della Serie C. Al Corsera: «ma non è colpa loro. I social ad esempio sono terribili, senza pietà, non è facile resistere a certe critiche».

Francoforte (Germania) 01/07/2024 - Euro 2024 / Portogallo-Slovenia / foto Image Sport nella foto: Daniele Orsato
Orsato: «L’arbitro che era in me è morto, è il passato. Oggi il difetto degli arbitri è che hanno paura»
Come racconta in un’intervista al Corriere della Sera firmata da Carlos Passerini, Daniele Orsato — 289 gare dirette in Serie A e finali internazionali — ha voltato pagina dopo l’addio all’arbitraggio nel 2024. Oggi è designatore della Serie C.
Ma davvero l’arbitraggio non le manca?
«Per niente. Ho chiuso tutto in un cassetto: ricordi, riconoscimenti, il fischietto stesso, insieme ai cartellini. E ho detto ai miei figli: prendete quello che volete. Per me è il passato. Ho detto che l’arbitro che era dentro di me è morto. Nella vita devi sempre pensare al futuro, non puoi vivere di ricordi, altrimenti è finita».
Lei in campo era considerato un duro, l’ultimo degli sceriffi. Alle nuove leve insegna a essere come lei?
«No. La prima regola è che ognuno deve avere il proprio stile. Imporne uno è un errore. La seconda è che qui vige la meritocrazia. Ognuno ha ciò che si merita, lo sport non mente mai».
Ha già individuato il nuovo Orsato fra i suoi ragazzi della serie C?
«Terza regola. I miei arbitri devono pensare solo alla C. La A e la B non sono per tutti. Bisogna guardare sempre in alto, imparare, ma sempre ricordandosi dove ci si trova. Il nostro slogan è: C siamo».
Qual è il principale difetto degli arbitri di oggi?
«La paura, ma non è colpa loro. I social ad esempio sono terribili, senza pietà, non è facile resistere a certe critiche. Dico sempre che non devono preoccuparsi di sbagliare: se sbagliano è colpa mia, che non li ho preparati abbastanza bene. Il presidente Aia, Antonio Zappi, mi ha costruito una grande squadra: grazie a loro ho spalle larghe. I ragazzi devono pensare solo ad arbitrare. A migliorare. A imparare dai propri errori, senza voltarsi mai. Per questo sono rigorosissimo: niente social. E più vita vera».
In un’intervista al Corriere nel 2023, se ne uscì con uno slogan: «Ai giovani dico: meno Internet e più lavoro»
«Ho fatto l’elettricista, un lavoro che mi ha insegnato tanto, tutto. Il rispetto, il sacrificio, l’umiltà. L’umiltà è il vero segreto per andare lontano, in ogni mestiere».
In serie C hanno inserito il Football video support, che darà la possibilità ai tecnici di avere due chiamate a testa per rivedere azioni ritenute dubbie. Una svolta. Come vi state preparando?
«È una bella novità, che può far crescere il calcio, siamo fieri di essere i primi ad averla. Questa è una ulteriore possibilità di comunicazione fra panchine e arbitri: se gli allenatori sono tranquilli, andrà tutto bene».
Il tema della violenza sugli arbitri, soprattutto i più giovani, quelli che dirigono partite fra dilettanti o nei settori giovanili, è una questione sociale, non più solo sportiva. Come si può risolvere?
«Io dico sempre: pensate se fosse vostro figlio. Serve tolleranza zero. Infatti le nuove normative di legge sono preziose come deterrente: ora picchiare un arbitro è come picchiare un poliziotto. Ma occorre un cambio di passo culturale. Altrimenti è impossibile. È una sfida che abbiamo il dovere di combattere. Senza paura. Paura, mai».