Quanto sono inutili le conferenze stampa: producono solo anti-intimità e domande stupide (Guardian)
Il Guardian racconta la "noiosissima sala stampa di Wimbledon", in cui "i giornalisti dei tabloid odiano i pomposi americani, i blogger nerd odiano gli insipidi giornalisti di gossip. E Tutti odiano il tizio dell'Atp"

Roma 31/01/2024 - conferenza stampa Jannik Sinner / foto Image Sport nella foto: Jannik Sinner-Angelo Binaghi
“Il prodotto più abbondante di Wimbledon è la parola”, scrive Jonathan Liew. L’editorialista del Guardian racconta un lato un po’ nascosto dello Slam londinese: la noiosissima sala stampa. “Le interviste post-partita, a differenza di quelle più informali in campo a Melbourne e New York, si svolgono a rispettosa distanza davanti a un’asta del microfono, come se Jannik Sinner fosse in realtà uno studente delle superiori in procinto di scrivere una parola molto difficile. Ma ovviamente la maggior parte dei bluff e delle spacconate di Wimbledon si svolgono in una piccola stanza senza finestre al piano superiore che la maggior parte degli appassionati di tennis non ha mai nemmeno visto. Qui, signore, signori e personaggi non identificati dei media internazionali siedono su sedili in pelle verde scuro, accompagnati da uno stenografo professionista che raccoglierà i loro lavori in una trascrizione stampata in pochi minuti. Un sorvegliante sul palco mantiene l’ordine e il tempo, iniziando il dialogo con una domanda di un beige quasi artistico (“Emma, parlaci un po’ della partita di oggi, per favore.” “Anastasia, alla prossima. Sarai davvero contenta.”)”.
Wimbledon e le inutili conferenze stampa
“Benvenuti alle tensioni, ai capricci e alla noia assoluta della sala stampa di Wimbledon. Strati di ornamenti e anni di solenne tradizione sono confluiti in questo sacro rituale umano, attraverso il quale un tennista professionista è invitato ad aprire bocca. Non si può semplicemente entrare e fare domande. Anche se, è esattamente quello che si può fare. Ma ci sono usanze e correnti da imparare. I giornalisti dei tabloid britannici odiano i pomposi pseudonimi americani. I blogger di tennis nerd odiano gli insipidi giornalisti di gossip. Tutti sembrano odiare il tizio dell’Atp che pone domande forzate e formulate in modo bizzarro al solo scopo di generare contenuti di montaggio vocale. Alcuni sono qui per spunti di riflessione, altri per un titolo, altri per creare atmosfera e altri ancora per la viralità. Ciò che è interessante per un giornalista potrebbe non esserlo minimamente per un altro. Ma alla conferenza stampa di Wimbledon, tutti devono assistere a tutto”.
Ci sono delle tendenze, scrive Liew. “In genere, le questioni tecniche da nerd, le pompose considerazioni generali e le domande sconclusionate da due minuti tendono a provenire dagli americani”. Ma “ricordo un tizio, circa dieci anni fa, che poneva la stessa domanda a ogni singolo giocatore che entrava nella stanza: “Con Nelson Mandela in gravissime condizioni, cosa pensi della sua vita e della sua eredità?“.
Ovviamente i tabloid cercano solo la battuta incisiva. “Coraggiosa perdente britannica, per cosa spenderai il tuo assegno del primo turno ?”. “Finora, tutto così banale. Ma ovviamente il pericolo di permettere a chiunque di fare una domanda è che a volte quelle domande saranno estremamente stupide. A Iga Swiatek vengono poste sette domande di fila sulle fragole. Ad Amanda Anisimova viene chiesto se il suo bagaglio sia mai stato smarrito”.
“Troppo spesso la conferenza stampa funge da intensificatore di stronzi, legittimando il tipo di domande che ti farebbero prendere a pugni per strada”.
Invece impera la banalità: “banali banalità dimenticate nel momento in cui vanno in onda. Esiste un modo migliore per farlo? Questo lungo falò di parole ha davvero uno scopo che vada oltre quello simbolico? Qualsiasi giornalista di buon livello vi dirà che il modo migliore per far sì che un intervistato si apra è in un ambiente più rilassato e informale. (Essere in grado di generare queste situazioni è, ovviamente, il segno distintivo di un buon giornalista.) Ma per molti versi la conferenza stampa è calibrata per generare l’esatto opposto: un’anti-intimità, una sorta di sguaiataggine transazionale, prodotta in serie, da minimo comune denominatore, che non riesce a ottenere il meglio da nessuno”.
Secondo Liew, “la soluzione definitiva risiede forse in una sorta di controllo di qualità, in un processo di accesso più rigoroso che separi gli appassionati dai provocatori? La conferenza stampa, ingombrante e imperfetta, è semplicemente la meno ingombrante e imperfetta di tutte le alternative immaginabili? E a un livello più profondo, cosa ci devono gli atleti? Devono essere ritenuti responsabili e chi decide chi può farlo?”.