La Serie A si è scelta la nicchia slow, per questo piace ai vecchi campioni (Guardian)
"È facile capire perché De Bruyne abbia preferito andare al Napoli piuttosto che lottare nel caos della Premier in una squadra che aspira a metà classifica"

Belgium's forward #10 Romelu Lukaku celebrates with Belgium's midfielder #07 Kevin De Bruyne (L) after scoring Belgium's fourth goal during the FIFA World Cup 2026 Group J European qualification football match between Belgium and Wales at the King Baudouin Stadium in Brussels, on June 9, 2025. (Photo by NICOLAS TUCAT / AFP)
Luka Modric compirà 40 anni a settembre. Con lui in Serie A l’anno prossimo ci saranno Dzeko, De Bruyne, Acerbi, Mkhitaryan, de Roon, Cuadrado, Immobile. Solo per dirne alcuni. Un campionato per vecchi, si direbbe. Sì. E secondo il Guardian va anche bene così: è una questione di specializzazioni, di nicchie di mercato. Il campionato italiano, secondo Jonathan Wilson, è come se si fosse scelto il ruolo di ospizio delle grandi star. Un posto accogliente, slow, piacevole.
L’età media di un giocatore in Serie A è di 14 mesi superiore a quella dei 31 maggiori campionati europei, scrive il giornale inglese. E “il calcio è sempre più uno sport per giovani. È ampiamente dimostrato che l’intensità del pressing moderno permette ai giocatori di raggiungere prima il loro apice. Nell’ultimo decennio, il numero di giocatori di età pari o inferiore a 23 anni che hanno giocato più di 900 minuti in Premier League è aumentato del 32%”. Ma è anche vero, allo stesso tempo, che “tutti i vincitori del Pallone d’Oro da Kaká nel 2007 sono ancora in gioco”.
Perché, semplificando tantissimo, “oggi i calciatori fanno una vita più sana. La loro dieta è monitorata più attentamente e la comprensione dell’alimentazione e del recupero è migliore che mai. E la medicina sportiva moderna fa sì che le fratture alle gambe e le rotture del legamento crociato non siano più gli infortuni che mettono fine alla carriera come un tempo”.
Ma tornando alla Serie A, oggi “esiste una penombra di campionati al di fuori dell’élite che richiedono giocatori di punta e possono permettersi di pagarli, offrendo al contempo un ambiente in cui il calcio è di livello ragionevole ma meno impegnativo rispetto, ad esempio, alla Premier League. Lionel Messi e Cristiano Ronaldo beneficiano degli stipendi e della visibilità di Stati Uniti e Arabia Saudita, mentre la Major League Soccer e la Saudi Pro League beneficiano della loro celebrità”.
La Serie A “è chiaramente molto lontana dai suoi anni d’oro degli anni ’80 e ’90. È una competizione piena di stelle, ma si tratta di stelle che hanno ormai superato di qualche anno il loro apice. Non c’è niente di male in questo, o almeno non dovrebbe esserci. Con la crescente stratificazione economica del calcio, ogni campionato ha dovuto trovare la sua nicchia”.
“La Svezia è diventata celebre per la sua “autenticità”, con una vivace cultura ultra e un’atmosfera retrò. La Germania è la patria di giovani allenatori grintosi con iPad e nuovi modelli di pressing. La Spagna ha il Clásico e la Francia il PSG. L’Italia deve affrontare la realtà di non essere più egemone. Non ci sono club italiani tra i primi 10 più ricchi. Sebbene Juventus e Inter abbiano perso due finali di Champions League da allora, nessuna squadra di Serie A l’ha vinta da quest’ultima nel 2010″.
E allora “la Serie A è diventata un campionato in cui il ritmo è un po’ più lento, dove i veterani possono essere efficaci”. “Inter, Milan , Juve e Napoli hanno ancora un certo prestigio. È facile capire perché De Bruyne, una volta che il Manchester City ha deciso di non offrirgli un nuovo contratto, abbia preferito andare al Napoli piuttosto che lottare nel caos della Premier League per una squadra che aspira a metà classifica. O perché Modric sia andato lì piuttosto che sfogarsi negli Stati Uniti. Non tutto deve essere fatto a un ritmo feroce. Non tutto deve essere il migliore”.
La Serie A oggi offre “un sano livello di competizione e un piacevole mix di grandi nomi e squadre valorizzate da investimenti sensati e/o da una gestione ispiratrice. In un mondo non ossessionato dalla crescita, l’intrigo settimanale sarebbe più che sufficiente”.
Poi è chiaro che ci sono forze contrapposte, per le quali alla riconcorsa di non si sa cosa possa magai succedere che Milan-Como si possa giocare a Perth, in Australia, continua il Guardian. “Forse è la spinta costante verso qualcosa di più di un progresso ispirato, ma spesso si ha la sensazione che la bellezza di ciò che già esiste venga persa”.