Il “pezzotto” vola anche su YouTube, è praticamente inarrestabile (New York Times)
Nemmeno Hollywood riesce a contrastarlo, perdono decine di milioni di dollari a film. Eppure in Italia De Siervo è convinto di poter vincere la sua battaglia

Milano 15/12/2021 - red carpet film 'Diabolik' / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luigi De Siervo
La Disney ha speso circa 100 milioni di dollari per “Lilo & Stitch”, remake live-action di un film d’animazione del 2002. Il film ha incassato 361 milioni di dollari in tutto il mondo nel weekend di uscita, a maggio, superando al botteghino “Mission: Impossible – Il giudizio finale”. Ma nel frattempo, da allora, ha perso altre decine di milioni di dollari perché la versione piratata del film è finita nientemeno che su YouTube, praticamente da subito. E’ stata visualizzata da oltre 200.000 persone nel successivo weekend, secondo una nuova ricerca di Adalytics (un’azienda che analizza le campagne pubblicitarie per i marchi), ripresa dal New York Times. Perché le vie del “pezzotto” largamente inteso sono pressocché infinite. La battaglia epocale del nostro De Siervo (che per l’ultima sparata è finito preso un po’ in giro persino dal Guardian) pare, visto il contesto generale, una battaglia contro i mulini a vento.
Secondo l’Alliance for Creativity and Entertainment, un’associazione di categoria composta da 50 società di intrattenimento che cerca di ridurre la pirateria, ogni anno il botteghino degli Stati Uniti e del Canada perde circa 1 miliardo di dollari, pari a circa il 15 percento del suo incasso annuale. Su YouTube si trova di tutto: serie, film, concerti, documentari, sport. La piattaforma cerca da tempo di contrastare la pirateria, ma la ricerca dimostra che gli utenti che caricano film e programmi televisivi piratati utilizzano nuove tattiche per eludere gli strumenti di rilevamento, tra cui il ritaglio dei filmati e la manipolazione delle riprese.
La cosa paradossale, scrive il Nyt, è che anche YouTube, di proprietà di Google, ci guadagna dal “pezzotto”: ricava profitti dalle pubblicità collegate ai video protetti da copyright. Consente ai titolari dei diritti di bloccare i video, ma incassa lo stesso. YouTube ha segnalato 2,2 miliardi di video lo scorso anno e ha affermato che i titolari dei diritti hanno permesso a circa il 90% di questi video di restare sulla piattaforma.
YouTube ha cercato di collaborare con studi cinematografici, reti televisive e servizi di streaming per combattere il fenomeno. Google ha sviluppato la sua tecnologia Content ID per riconoscere i video protetti da copyright, e YouTube è diventato più aggressivo nel controllare, ma – scrive ancora il New York Times – “i pirati hanno messo in atto una serie di tattiche ingannevoli per eludere gli algoritmi antipirateria di YouTube. Alcuni hanno caricato e rimosso volontariamente video protetti da copyright lo stesso giorno, accumulando visualizzazioni prima di essere scoperti. Altri pirati hanno replicato i video per invertire le immagini o ritagliato i fotogrammi nel tentativo di aggirare il sistema Content ID. Altri ancora hanno inserito clip di persone comuni alla fine di un video di un blockbuster hollywoodiano per coprire ulteriormente le proprie tracce”.