OpenEconomics, una piccola squadra di italiani che eccelle nel calcio mondiale
L'azienda lavora con la Fifa, il Nyt li cita come autori dell'analisi economica del Mondiale per club: genera 21 miliardi di Pil, il calcio funziona meglio dei dazi

A FIFA Club World Cup sign is pictured inside the Lincoln Financial Field stadium in Philadelphia on June 13, 2025, ahead of the FIFA Club World Cup. (Photo by FRANCK FIFE / AFP)
OpenEconomics, una piccola squadra di italiani che eccelle nel calcio mondiale
Oggi parte il mondiale per club e la Fifa ha pensato bene di stimarne gli impatti: 21 miliardi di Pil per l’economia globale, di cui 17 (ovviamente) negli Usa, il paese ospitante. Ma anche 400mila occupati e quasi 5 miliardi di tasse generate, di cui 2 finiscono nelle casse dell’amministrazione Trump. A quanto pare il calcio funziona meglio dei dazi.
Il report completo è disponibile insieme alle analisi di tutti gli eventi Fifa (anche futuri) sul sito www.goaleconomy.org, un progetto di Fifa e Wto.
A dire il vero, considerata la visibilità dell’evento e gli investimenti connessi, un impatto così rilevante non è sorprendente. Per noi che amiamo i dettagli, la notizia è un’altra. Ce la dà il New York Times che cita OpenEconomics come autore dell’analisi.
“…Fifa has recently released an economic impact … the study, which was conducted by Rome-based financial analysis firm OpenEconomics, also said …”.
OpenEconomics è anche l’azienda che ha sviluppato il piano di studi Goaleconomy per Fifa e Wto.
La notizia? OpenEconomics è una piccola azienda italiana (a dire il vero neanche tanto piccola) sconosciuta ai non addetti ai lavori, specializzata in analisi finanziarie e socioeconomiche.
Lavorano per la federazione tennis (ci torna in mente il valore dell’effetto Sinner annunciato da Binaghi alle Atp Finals) e per molte altre federazioni sportive. E ovviamente non solo per l’industria sportiva. Noi recentemente ne abbiamo scritto per la stima degli impatti dello scudetto del Napoli sulla città.
Uno dei fondatori è Gianluca Calvosa, presidente dell’azienda.
Cosa c’entra una piccola azienda italiana con la Fifa?
«Ci lavoriamo da anni, anche con Wto. Non è un cliente semplice, specialmente il presidente Infantino che ha una certa sensibilità per i numeri, ma hanno capito da tempo l’importanza di guardare al calcio da più angolazioni e senza perdere di vista la sostenibilità del settore e la sua rilevanza sociale».
Siete specializzati nell’industria sportiva?
«A dire il vero i settori un cui operiamo maggiormente sono quelli dell’energia, delle infrastrutture e dei trasporti. Lo sport è arrivato dopo. Dall’intuizione di alcuni manager che hanno capito che lo sport andava raccontato anche fuori dal campo di gara. In Italia abbiamo cominciato con Coni e Credito Sportivo (al vertice c’era l’attuale ministro allo sport Andrea Abodi, ndr), poi Sport e Salute, la Federazione Tennis. Per il resto ha funzionato essenzialmente il passaparola. Nel tempo abbiamo sviluppato e applicato modelli specifici per l’analisi dell’industria sportiva sotto il profilo finanziario ma anche degli effetti sulla collettività».
E secondo i vostri modelli chi lo vince il mondiale per club?
«Questo non siamo ancora in grado di prevederlo. Ma ci stiamo lavorando…».