De Roon: «Lo spogliatoio è un luogo unico. Dopo la carriera, ti manca lo spogliatoio non il calcio»
A Cronache di Spogliatoio: «Accade di tutto: chi ha litigato con la compagna e vuole sfogarsi. Chi racconta qualcosa di divertente e poi tanti scherzi»

Bergamo 30/10/2021 - campionato di calcio serie A / Atalanta-Lazio / foto Image Sport nella foto: esultanza gol Marten de Roon
Il calciatore dell’Atalanta Marten de Roon si racconta a Cronache di spogliatoio. Dagli aneddoti nello spogliatoio ai momenti più drammatici della sua carriera.
Cosa si fa in spogliatoio in una squadra?
«Si fa niente e tutto. Sei lì due ore, tre ore, dopo pranzo ti riposi un po’, parli, ma di calcio, di niente. Ogni tanto faccio fatica, perché mia moglie chiede: ‘Ma che cosa avete fatto?’. ‘Non so, niente…’». De Roon continua a parlare del clima nello spogliatoio: «Credo che uno spogliatoio è difficile da ricreare, non puoi proprio raccontare bene cosa si fa. Secondo me, uno che ha smesso può raccontare meglio cosa vuol dire lo spogliatoio, perché manca tantissimo a tutti, che dicono: ‘Mi manca lo spogliatoio’. Neanche tanto il calcio, perché certo il corpo non ce la fa più, però lo spogliatoio, dove sei sempre con compagni che diventano amici, che spesso almeno nel calcio hai gli stessi interessi, però ti diverti, c’è sempre qualcosa di cui parlare, c’è sempre qualcuno con una storia».
A proposito di legami speciali, cosa significa per te lo spogliatoio?
«Ci sono le storie belle e quelle un po’ tristi. Con Ilicic abbiamo vissuto tutti la storia triste che io mi ricordo bene. Lui è uscito una volta dal campo, io l’ho seguito e lui lì, quasi in lacrime, mi ha abbracciato… e tu vivi un momento così… Nello spogliatoio c’è di tutto, c’è uno che, non so, ha litigato con la compagna, che vuole condividere un po’ la sua storia, poi uno che è single che invece ha festeggiato quella sera».
Ci sono anche momenti divertenti nello spogliatoio, vero?
«Assolutamente sì. Una scena indimenticabile riguarda Mario Pasalic e Charles De Ketelaere. Charles gli regalò una maglia della Dinamo Zagabria con il suo nome. Mario è di Spalato e non sopporta la Dinamo: vedere la sua reazione è stato esilarante. Questo rende speciale lo spogliatoio, quel mix di dramma, ironia e amicizia che pochi ambienti possono offrire». Sugli scherzi nello spogliatoio, De Roon racconta ancora: «Poi lì ci siamo divertiti un sacco, perché fai gli scherzi. Noi maschi siamo anche più semplici rispetto alle donne che hanno sempre qualcosa di cui parlare, invece noi facciamo gli scherzi, ci basta molto meno».
La finale di Europa League: che significato ha avuto per te non giocarla?
«È stato uno dei momenti più difficili della mia vita. Ho lavorato per anni, sacrificando tutto, per arrivare a quella partita. L’Europa League rappresentava la vetta della mia carriera, un obiettivo che avevo conquistato con fatica e dedizione. Non giocarla è stato devastante, ho pianto tanto insieme a mia moglie. Mi sono sentito privato di qualcosa che meritavo davvero, non per sminuire i compagni, ma perché quella partita la sentivo mia. Ho affrontato Liverpool e Marsiglia adattandomi a ruoli diversi, anche in difesa, pur di aiutare la squadra: era il mio sogno e quella finale sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Abbiamo vinto, è vero, ma mi resta sempre una ferita aperta per non essere stato in campo». E ancora sulla finale: «Come calciatore, come atleta, vivi per queste cose, perché speri di arrivare una volta in una finale così».
In quei giorni hai ricevuto tanto sostegno. C’è un messaggio in particolare che ti ha commosso?
«Sì, ce n’è stato uno che mi ha toccato profondamente. Un tifoso bergamasco mi ha scritto che grazie a me aveva riportato i suoi figli allo stadio dopo molto tempo. Mi disse che ero diventato un esempio per loro, perché incarnavo i valori di sacrificio e passione per l’Atalanta. Queste parole mi hanno fatto capire quanto fosse speciale il legame creato con la città e i tifosi».