Costacurta: «Nessuno vuole fare il ct per non finire come Spalletti allontanato in modo ingeneroso»
Al settimanale “Chi”: «Gattuso penso che sia una scelta corretta. Mancini speravo restasse. Ha preso una decisione che anche lui ora considera sbagliata»

Il settimanale “Chi” ha intervistato Billy Costacurta sulla situazione del calcio italiano, quindi anche sulla Nazionale e sulla nomina di Gattuso a commissario tecnico.
«Penso che sia una scelta corretta. Lui, come altri nostri eroi del 2006, rappresenta un attaccamento alla maglia che, sinceramente, nelle ultime Nazionali è venuto un po’ meno».
Si era parlato anche di De Rossi. Perché ha lo stesso appeal di Gattuso?
«Sì, ma io non credo che oggi ci sia un uomo solo che possa risolvere i problemi della Nazionale con la bacchetta magica. Dobbiamo far crescere dei giocatori. E oggi ci sono pochi italiani che giocano grandi partite internazionali. Se poi rifiutano anche la convocazione, c’è qualcosa che non va (riferimento ad Acerbi NdR)».
Eppure Roberto Mancini aveva trovato un’alchimia vincente a Euro 2021…
«Certo. Era un’altra squadra. Avevamo uno dei più forti difensori al mondo, avevamo Chiesa, che in quel momento era probabilmente il miglior giocatore d’Europa, Insigne che dava fantasia. Era tutto diverso, anche il clima».
Mancini ha ammesso che forse avrebbe potuto restare.
«Speravo restasse. Ha preso una decisione che anche lui ora considera sbagliata. Ma ormai non si torna indietro. È stato un gesto netto».
Da dove deve ripartire il nuovo allenatore?
«Deve far capire che la maglia azzurra è un obiettivo meraviglioso. Giocare in Nazionale deve far tremare le gambe. Non può essere solo una rottura perché “ti taglia tre giorni di vacanza”. Serve entusiasmo, come quello dei ragazzi che vinsero l’Europeo».
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Il ruolo di ct della Nazionale italiana sembra non attrarre più come una volta. Perché nessuno vuole più sedersi su quella panchina?
«Perché è diventato difficile raggiungere gli obiettivi che l’Italia si aspetta. Nessuno vuole rischiare di finire come Spalletti, che è stato allontanato in modo ingeneroso. Era partito bene, però poi, alla fine, non ha trovato il materiale umano, anche perché non ha avuto il tempo e la possibilità di lavorare. E poi la squadra non è all’altezza delle grandi del mondo. L’allenatore azzurro ha poco tempo per incidere: non può lavorare sul lungo periodo come in un club».
C’è anche il problema dei pochi italiani titolari nei club?
«Ma non è che l’allenatore del Milan ce l’abbia con gli italiani. È che spesso quelli stranieri costano meno e sono più pronti. Le società fanno i conti. Non ci sono più Berlusconi, Moratti o Agnelli. I soldi sono altrove: Parigi, Manchester, Madrid».