L’Equipe riporta estratti del suo libro: «Sapevo come provocarla. Il coaching è saper parlare alle persone per indurle a trovare il meglio in sé»

Patrick Mouratoglou è uno dei migliori allenatori di tennis al mondo. È noto soprattutto per essere stato coach di Serena Williams, ma anche di Holger Rune, Marcos Baghdatis e Simona Halep. Da tempo dirige un’accademia ed è uno degli addetti ai lavori più stimati del circuito.
Mouratoglou ha scritto un libro in cui parla delle sue innumerevoli esperienze nel mondo del tennis. Nel libro (“Il tuo potenziale è infinito”, prefazione di Florent Manaudou, edizioni Albin Michel) ha cercato di fare luce su un percorso ricco di ostacoli e sfide complicatissime a livello personale. L’Equipe gli ha dedicato un lungo approfondimento, ve ne proponiamo un estratto.
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“Nel suo libro Mouratoglou si propone di mostrare al lettore “come diventare coach di sé stessi per credere di più nelle proprie potenzialità e poter finalmente passare all’azione”. (…) Il francese fornisce una decina di chiavi per «imparare a trasformare il proprio stato d’animo, distruggere i pensieri limitanti e adottare la mentalità dei campioni». (…) Mouratoglou teorizza questa lezione di sviluppo personale attraverso retroscena di gioco, fatti di vita e aneddoti rivelatori sui campioni e sul delicato esercizio dell’allenamento”.
L’Equipe sceglie un estratto in cui Mouratoglou racconta la storia della “sua” Serena Williams:
«Nel 2004, L’Equipe mi chiese di intervistare Richard, il padre di Serena (e di Venus), e lui mi disse questa frase che ricordo: “Il mio compito era assicurarmi di avere due figlie con un’immensa fiducia in se stesse. E una volta fatto, sapevo che, qualunque cosa avessero fatto, avrebbero avuto successo”. È interessante che le persone lo capiscano. La fiducia in sé stessi è tutto. È ciò che ci permette di osare fare le cose con convinzione. La fiducia in noi è solo il risultato di tutte le esperienze che abbiamo avuto nella nostra vita e delle conclusioni che ne abbiamo tratto. Ecco perché le piccole vittorie sono essenziali, sono le piccole vittorie che ti costruiscono ogni giorno. Serena è la fiducia in se stessa personificata. Ma quando ho iniziato a lavorare con lei, era in un momento in cui non aveva affatto fiducia in sé (dopo una sconfitta al primo turno del Roland Garros 2012 contro Virginie Razzano). Ritrovò fiducia tornando a vincere le partite. Anche quando giocava terribilmente male […] Era in grado di accettare di giocare e di muoversi molto male perché era così tesa che aveva difficoltà nei movimenti. Riuscì a rimontare e alla fine vinse Wimbledon, giocando bene dalla semifinale in poi. E alle Olimpiadi successive fu ingiocabile. Nel giro di poche settimane, il livello passò da estremamente basso a eccezionale. Ogni giorno devi lottare con te stesso per vincere qualcosa. Devi farti del male, uscire dalla tua comfort zone, restare umile. Durante il suo primo allenamento nella mia accademia (non ero ancora il suo allenatore), durante un cambio di campo dopo 45 minuti, lei mi chiamò: “Parlami”. Le dissi che non era in equilibrio in nessuno dei suoi colpi, che stava aspettando la palla e che doveva iniziare ad andare incontro alla palla. Sono cose semplici ma restituiscono la fiducia. La mancanza di fiducia crea cattivi riflessi perché abbiamo paura di fallire e diventa controintuitivo andare avanti. Spesso diciamo le stesse cose ai giocatori dilettanti e ai giocatori professionisti»”.
E ancora:
«Al nostro primo Wimbledon, nel 2012, Serena si qualificò per le semifinali e arrivò di corsa con un grande sorriso: ‘Patrick, qualunque cosa accada, lunedì sarò di nuovo tra le prime tre’. E io risposi: E allora? Che voleva dire: le prime tre fanno schifo. Quella stessa sera, mi inviò un messaggio: “Scusa per quello che ti ho detto prima. Le prime tre sono spazzatura, e anche il numero 2 è spazzatura”. Questo è il coaching, è sapere come parlare alle persone per farle trovare ciò che c’è di buono in loro stesse. Devi conoscere bene te stesso per sapere cosa ti motiva. Serena è una persona che ama le sfide e apprezza i conflitti. Molto spesso durante l’allenamento creavo dei conflitti tra noi e le cose finivano male. Ma quando questo accadeva, l’allenamento era di una qualità molto migliore. Sapevo cosa dire per farla incazzare».
L’Equipe prosegue con il racconto di Mouratoglou:
«Al Masters del 2014 subì una sconfitta da Halep nella fase a gironi (6-0, 6-2). Dopo la partita andò direttamente in camera e quando la raggiunsi mi disse: “Non ne ho voglia, vado a casa”. Allora io, sapendo che per lei era l’insulto più grande, le risposi: “Non sapevo che fossi una che si arrende”. Quella frase la fece impazzire. Era l’unico modo per impedirle di andarsene. E alla fine riuscì a dare una bella batosta ad Halep in finale (6-3, 6-0). Al contrario, da quando è diventata mamma, non ha più ritrovato la determinazione di un tempo, cosa che forse le ha impedito di vincere un ultimo Grande Slam. Un 24esimo titolo del Grande Slam sarebbe stato qualcosa di eccezionale, e non si fa qualcosa di eccezionale quando il proprio business non è la priorità assoluta. Da quel momento in poi, la figlia ha preso il sopravvento sul tennis, il che ovviamente non è da criticare.»”.