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Kroos: «Per la mia villa tra un sistema di allarme e un pastore tedesco, scelgo Acerbi»

Durante il suo podcast: «L’Inter ha tre bufali lì dietro. Anche Dumfries e Bastoni sono delle macchine, hanno ribaltato la partita due volte»

Kroos: «Per la mia villa tra un sistema di allarme e un pastore tedesco, scelgo Acerbi»
Mg Milano 06/05/2025 - Champions League / Inter-Barcellona / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Francesco Acerbi

Toni Kroos, sei volte vincitore della Coppa dei Campioni, non abbandona il podcast con il fratello Alex, “Einfach mal Luppen”, in cui parla di attualità calcistiche con un tono rilassato e familiare. Ovviamente questa settimana il tema era la semifinale di Champions tra Barcellona e Inter, vinta dai nerazzurri grazie alla tenacia di Acerbi.

«Non voglio dire che sono un tifoso dell’Inter, ma forse gli ultimi dieci anni mi hanno fatto capire qualcosa, sono un po’ più contrario al Barça, ma per certi versi ero un po’ emozionato per l’Inter, felice quando il punteggio era 3-3».

«L’Inter ha difeso malissimo, ma ha comunque segnato sette gol», continua Kroos.

Kroos: «L’Inter ha tre bufali lì dietro»

Il tedesco poi si sofferma proprio sulla difesa neroazzurra:

«Ci sono tre bufali lì dietro. Non so con chi ti identifichi di più, ma probabilmente penso sia Acerbi», chiese al fratello. «Sì, soprattutto al 93° minuto».

Acerbi, 37enne, all’ultimo minuto ha garantito i tempi supplementari. Toni ha aggiunto ridendo:

«Da come ha festeggiato si capiva che di solito non segna gol. Se dovessi scegliere tra un sistema di allarme, un pastore tedesco e Acerbi davanti a casa mia, sceglierei Acerbi. È pura mentalità. Ma anche Dumfires e Bastoni sono delle macchine, hanno ribaltato la partita due volte. Tanto di cappello. E anche al Barcellona, ​​una grande pubblicità per il calcio, perché sembrava che tutto potesse cambiare da un momento all’altro».

Il Barcellona impari a perdere e capisca la lezione di vita di Acerbi (El Paìs)

El Paìs scomoda il logoro “il potere logora chi non ce l’ha” di Andreotti (che definisce “una sorta di Belzebù democristiano”) per dire, a proposito del Barcellona, “abituarsi a vincere ha i suoi svantaggi: l’arroganza, la vanità o quella fastidiosa superiorità morale. Ma la sconfitta, soprattutto in certe circostanze, è un veleno mortale per l’anima se non si sa digerirla”.

Il sentimento che oggi guida la maggior parte delle politiche reazionarie nel mondo è il risentimento – scrive Daniel Verdù –  Un modo di vedere la vita che emerge sempre quando si perde qualcosa, di solito dei privilegi. Un amaro mix di risentimento, di legittimazione dell’odio attraverso quell’impulso così umano e, allo stesso tempo, così miserabile: dare la colpa agli altri. La giustizia è ingiusta. I giudici ci perseguitano. L’immigrato ti ruba il lavoro. Nello sport succede la stessa cosa: o trovi il modo di accettare di aver perso, oppure passi un anno intero a pensare a un palo, a un fallo non fischiato prima di un gol, a un rigore che l’arbitro avrebbe potuto fischiare facilmente perché era dentro l’area di rigore. Che tortura!”.

Che è un modo molto elegante per dire al Barcellona: “Hai perso, stacce”.

In fin dei conti, vincere è solo uno di quei meravigliosi aforismi cruyffiani: segnare un gol in più dell’altro”. E scrive che forse sarebbe anche il caso di andare oltre “la dittatura moralistica del cruijffismo”. “La consolazione, se passi del tempo a cercarla, a volte è nascosta nella tua stessa sfortuna. Che un combattivo difensore centrale di 37 anni con l’aspetto di un detenuto, un ex alcolizzato e con due casi di cancro alle spalle, sia apparso nell’area di rigore al 93′ e abbia segnato il gol del pareggio ha qualcosa di romantico e di bello.

E non tanto per l’aspetto estetico, quanto per quella componente di ribellione al destino che il personaggio incarna. Acerbi, star di film di serie B, è sprofondato e uscito dall’inferno diverse volte nella sua vita, immergendo il suo corpo nell’alcol e nella notte la prima volta, e nella chemioterapia la seconda. Si è ripreso da due tumori che avrebbero potuto ucciderlo e ha affrontato i bambini dell’ospedale oncologico con più coraggio di qualsiasi difensore italiano. Non aveva mai segnato un gol in Europa in vita sua, ed è possibile che se fosse stato eliminato non avrebbe mai più giocato una partita del genere. La sconfitta è certamente estenuante, ma a volte la vittoria altrui può dare una certa consolazione”.

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